Vita

S. Marta

Marta si fa portavoce di ciascuno di noi nel momento in cui la vita ci obbliga a misurarci con il mistero della morte… con le tante morti che segnano il nostro cammino: <Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!> (Gv 11, 21). Con queste parole Marta da una parte si lamenta con il Signore e dall’altra gli riconosce la grande potenza di essere in grado di arrestare la morte. Eppure, sembra che al Signore Gesù non piaccia questo modo di parlare all’ipotetico che stranamente è ben imparentato con il tono della tentazione. La risposta è netta: <Tuo fratello risorgerà> (11, 23)! Questa risposta paradossale diventa ancora più chiara davanti alla reazione un po’ imbarazzata di Marta e arriva a dire: <Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà> (11, 25). Marta parla al futuro, ma il futuro non è a portata di mano. Gesù, invece, parla al presente. La risurrezione è un’esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro. A risorgere sono chiamati i vivi, noi, prima che i morti. Marta si dà un gran da fare attorno alla morte di Lazzaro, e il Signore le chiede di prendere coscienza della sua morte alla speranza che sarebbe ben peggiore della dipartita di Lazzaro.

Nel racconto lucano dell’ospitalità di Marta nella sua casa e della sua lamentela riguardo a Maria, sua sorella, il Signore Gesù non dice chiaramente in cosa consista la <parte migliore> (Lc 10, 42). Possiamo ben immaginare che il Signore non rimproveri a Marta la sua dedizione alle faccende di casa, ma le ricorda che la cosa più importante non è l’ospitalità che lei può offrire al Maestro, ma l’accoglienza di cui lei stessa ha bisogno presso il Signore Gesù. Maria ha intuito che la cosa più importante è accogliere lasciandosi accogliere. Le parole dell’apostolo Giovanni è come si ci offrissero lo scenario essenziale perché ogni nostro gesto e ogni nostra preghiera possano raggiungere il loro fine supremo: <Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui> (1Gv 4, 16). Soprattutto nella prima lettura viene chiarito quello che potremmo definire come l’ordine della grazia: <non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi> (4, 10).

Accogliendo le parole dell’apostolo possiamo dire che, per quanto grande sia il nostro desiderio di fare spazio a Dio nella nostra vita, è Lui che ci accoglie per primo. Questo sembra averlo intuito la sorella Maria la quale <sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola> (Lc 10, 39). Ma forse lo ha compreso ancora di più e meglio il fratello Lazzaro che muore senza dire una parola né di richiesta né di rimprovero per il suo amico e Signore, ma che pure rimane così attento alla sua voce da poterla udire persino oltre la pietra del sepolcro fino a risorgere dai morti. L’esperienza spirituale di Marta e della sua “strana” famiglia di persone, in realtà, senza famiglia, ci apre alla speranza che nella nostra relazione con Cristo Signore possiamo e dobbiamo trovare il senso di un’appartenenza e di una intimità in cui ciascuno può essere, fino in fondo, se stesso senza inutili maschere e infingimenti fastidiosi. Così ciascuno risorge al senso forte di sentirsi chiamato a rispettare il cammino degli altri senza cedere né al paragone né alla recriminazione che è il primo passo del livellamento e dell’appiattimento delle relazioni… della morte.

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