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XX settimana T.O.

Il profeta Ezechiele si fa chiaro interprete delle intenzioni e della volontà di Dio: <Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni> (Ez 36, 23) e aggiunge con una passione toccante e coinvolgente: <vi radunerò da ogni terra> (36, 24) e <vi darò un cuore nuovo> (36, 26). Il Signore Gesù, con passione e con grande fatica, si rivolge ancora una volta ai capi dei sacerdoti e ai farisei nella speranza di riuscire a convincerli di sentirsi guardati da Dio in modo nuovo, tanto da diventare capaci di guardare ai loro fratelli in modo diverso. L’immagine di un Dio che si dà da fare per preparare <una festa di nozze> (Mt 22, 2) non è nuova ed è spesso usata come immagine dalla predicazione dei profeti. Ma vi è una piccola grande novità nella parabola proposta dal Signore Gesù. Facendosi interprete del desiderio del padrone di casa, deluso dal rifiuto dei suoi primi invitati, i servi: <radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala di nozze si riempì di commensali> (22, 10).

La santificazione di cui parla il profeta Ezechiele e di cui ci fa dono il Signore Gesù non è una condizione previa per essere ammessi al banchetto preparato dal Signore Dio, ma è un dono gratuito che chiede la nostra piena corrispondenza. L’essere ammessi alla sala delle nozze dovrebbe veramente cambiarci il cuore rivestito ormai dell’<abito nuziale> (22, 11). Nonostante una così grande liberalità c’è qualcuno che vuole sedere a mensa senza lasciarsi realmente cambiare da questo invito che, se accolto e compreso in verità, non può in nessun modo lasciarci uguali. La differenza tra <cattivi e buoni> non c’è più, e vi è una nuova differenza che riguarda la capacità di lasciarsi toccare dal dono di grazia che ci rende commensali della vita stessa di Dio. Questo esige che si acconsenta all’operazione divina che suona come una promessa e come una sfida: <toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne> (Ez 36, 26).

Saremo noi disposti a sentire la gioia delle nozze con un cuore di carne, disposti anche a soffrire la passione delle nozze? Qui sta la differenza! Non è il cambiamento che ci permette di essere dei degni invitati, ma l’invito dovrebbe cambiarci perché ci dà una percezione talmente nuova di noi stessi da esserne <purificati> (36, 25) non secondo i parametri dei farisei, ma secondo quelli della pura grazia che ci rende veramente puri. Tutte le risoluzioni di conversione devono passare per la decisione – intima, segreta e nota solo a Dio – di lasciarsi convertire come chi accetta di lasciarsi docilmente cambiare d’abito dalle mani di un altro in pieno abbandono e senza vergogna alcuna. C’è una cosa che non dobbiamo dimenticare: la nostra indifferenza e persino la nostra ostilità non possono impedire che si celebri la festa di nozze in cui l’Altissimo sposa la nostra umanità con il suo desiderio di amore per ciascuno di noi. Uno sposo così sa attendere i lunghi tempi delle nostre risposte senza perdersi d’animo.

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