Tu!

I settimana T.O.

La pagina che leggiamo come prima lettura di questa Liturgia non è facile da capire. Come possiamo accettare, o peggio ancora, coltivare l’immagine di un Dio che dà un ordine come questo: <vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti> (1Sam 15, 18)? Eppure, attraverso questo episodio, che si conclude con il rifiuto di Saul come re di Israele, il profeta Samuele ricorda come, la cosa più importante sia quella di coltivare, con il Signore, una relazione senza compromessi e senza malintesi: <Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti> (15, 22). Saul è un uomo e un re devoto, coraggioso, ma il Signore è pur sempre, per lui, una sorta di presenza assente, un terzo di cui non si può fare a meno, ma a cui mai egli si rivolge personalmente né per lamentarsi, né per pregarlo, né per lodarlo. Per Saul, il Signore Dio è sempre alla terza persona e mai un vero “Tu” come lo è per Samuele e come lo sarà, nel bene e nel male, per il re Davide.

Riprendendo questo testo alla luce del Vangelo possiamo fare un passo ulteriore proprio aiutati dal Signore Gesù che ricorda agli scribi e ai farisei: <Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare> (Mc 2, 19). L’obbedienza evocata da Samuele diventa per il Signore Gesù un vero atto d’amore che si fa docilità alla relazione con le sue esigenze vive, le quali esigono una disponibilità creativa a non fissarsi ossessivamente su regole esterne, per essere attenti a tutto ciò che cresce dentro di noi e attorno a noi, come espressione di vita che è sempre da accogliere generosamente e non da controllare e mortificare. Le parole del salmista non fanno che confermare ampiamente questo respiro che non è affatto corto e sempre un po’ affannato, ma profondo e rigenerante: <Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora; a chi cammina per la retta vita mostrerò la salvezza di Dio> (Sal 49, 23).

L’assenza non è qualcosa da eternizzare, ma richiede la disponibilità per dinamizzare l’attesa. Come commenta padre Guillaume: <Il digiuno è l’assenza di un amico, che nulla e nessuno può rimpiazzare. Collocando il digiuno nel registro dell’amicizia e dell’amore, Gesù tocca le realtà umane più profonde e più segrete. Il cibo, come molte altre cose, non è forse, molto spesso, un modo di compensare una mancanza, di colmare un vuoto, di mascherare una ferita? Mentre il digiuno, invece, ravviva la memoria di questa assenza!>1. Non ci capiti di cadere nella trappola cui cedette il cuore di Saul: la trappola della dimenticanza. Per poter evitare questo pericolo sempre incombente siamo chiamati a digiunare ogni giorno da noi stessi per nutrirci del pane duro del desiderio e della memoria.


1. Dom GUILLAUME, Sui sentieri del cuore, Paoline, Milano 2011, pp. 33-34

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