Toccare

XIII Domenica T.O.

Una delle cose più belle – ma anche tra le più fastidiose e talora persino pericolose – che fanno i bambini è proprio quella di toccare tutto e ogni cosa. Questo è un modo per entrare in contatto con il mondo e poterlo così conoscere per avere sempre la possibilità di riconoscerlo al fine di riconoscere se stessi come sua parte: <Dio, infatti, ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte> (Sap 1, 14). Sarà forse proprio per questa certezza radicale che i bambini si portano tutto alla bocca quasi per gustare la dose di <salvezza> contenuta in ciascuna delle cose create? Il Vangelo di quest’oggi ci porta al cuore di questa umanissima esperienza che viene vissuta così divinamente dal Signore Gesù e da coloro che ne incrociano il cammino. La donna <che aveva perdite di sangue> (Mc 5, 25) non ha altra speranza se non quella di dire a se stessa: <Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata> (5, 28). Lo stesso Signore Gesù creando un’atmosfera di grande intimità con la fanciulla appena morta <prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: alzati!> (5, 41). Non possiamo che essere toccati profondamente dalla forza di intimità e di creatività del gesto di Cristo Signore che prende per mano questa ragazza in procinto di diventare donna: <aveva infatti dodici anni> (5, 42) nonostante il padre la chiamasse ancora <la mia figlioletta> (5, 23). Davanti a questo gesto così dolce e forte del Signore Gesù nei confronti di questa giovinetta non ci resta che essere anche noi <presi da grande stupore> (5, 42). Così possiamo fare nostre le parole dell’apostolo Paolo al fine di poter esprimere la nostra profonda e commossa meraviglia: <Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà> (2Cor 8, 9). È come se il Verbo fatto carne facesse un’esperienza sensibile di questo impoverimento, che è la logica della sua incarnazione in cui si manifesta pienamente l’amore di Dio per noi, nel momento in cui la donna <venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello> (Mc 5, 27). L’evangelista ce lo fa percepire con una nota di rara intensità: <Ma subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”> (5, 30). I discepoli faticano a capire che non si può semplicemente urtare casualmente il Signore senza che questo produca un effetto. Già nelle Scritture è attestato che non si può urtare l’Arca del Signore e rimanere illesi e non la si può neppure guardare (1Sam 6, 19) e questo vale ancora di più per il Signore Gesù in cui <abita corporalmente tutta la pienezza della divinità> (Col 2, 9). 

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