Se!

XXIII settimana T.O.

Per una volta, si fa per dire, il Signore Gesù usa il <se> ipotetico che, normalmente, è il modo usato dal tentatore per farci entrare in una logica di illusione: <Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta?> (Lc 6, 32). Questa parola ci viene rivolta dal Signore non per tentarci, ma per farci uscire allo scoperto su quella che è o meno la nostra disponibilità a vivere “di” vangelo. Mentre il diavolo ci tenta continuamente con i <se> che gonfiano ulteriormente il nostro ego e ci ammalano di egoismo, la parola del Signore Gesù si muove in modo totalmente diverso e si fa esortazione chiara e decisa: <A voi che ascoltate, io dico: amate invece i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per coloro che vi trattano male> (6, 27-28). Il Maestro non ci invita a diventare degli eroi né, tantomeno, a lanciarci in un percorso da “superman” spirituali. Al contrario queste parole sono un modo efficace per aiutarci a passare dall’illusione che ci fa fantasticare continuamente su noi stessi e sugli altri, alla capacità di dare il nome concreto alle situazioni che viviamo, fino a saperle assumere serenamente.

L’apostolo Paolo offre una chiave ulteriore per entrare nella logica evangelica che ci viene annunciata dal Signore: <la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica> (1Cor 8, 1). Anche questa frase non va accolta come un aforisma tanto bello quanto teorico, ma come un crogiolo, una sorta di imbuto o di passino attraverso cui dobbiamo continuamente fare la tara delle nostre fantasie e immaginazioni – persino quelle così devote e sante – per scendere al livello della realtà cui continuamente la relazione con i nostri fratelli e sorelle in umanità ci costringe, talora mortificandoci radicalmente. Laddove noi siamo tentati di calcolare e misurare quello che diamo e quello che riceviamo nella nostra condivisione di vita col nostro prossimo, il Signore Gesù ci chiede di elevare lo sguardo per assumere un punto di vista non solo completamente diverso, ma anche magnificamente liberante: <prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi> (Lc 6, 35).

Senza mai dimenticare che la compassione verso il fratello è sempre un atto di compassione verso se stessi, perché ci permette di rivelare a noi stessi chi stiamo diventando talora con quelle fatiche e quegli incidenti che possiamo ben più facilmente rilevare e talora denunciare, nel cammino dei nostri fratelli. La parola del Signore Gesù ci è data come uno specchio: <E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro> (6, 31). Se ogni mattino ricominciassimo a muoverci nel dedalo delle nostre occupazioni e, in particolare, delle nostre relazioni, con questo specchio che ci faccia da orientamento e da guida, forse, a sera, saremmo meno stanchi e, di certo, meno arrabbiati. Ciò che il Signore ci richiede non è di diventare ingenui, ma di assumere un atteggiamento realmente attento sulle situazioni e le persone, ma sempre rammemorando ciò che noi stessi ci aspettiamo dalla vita e speriamo nella vita. La misericordia assoluta non è un atteggiamento debole di resa per evitare il confronto e sottrarsi al conflitto. È, invece, un atto di speranza in quel frammento di divinità che abita ogni cuore… persino il nostro!

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