Proprio ora
XIV settimana T.O. –
Come non sentire tutto il peso misto di speranza e di angoscia nelle parole di questo padre che, superando tutte le convenzioni e venendo meno a tutto ciò che circonda la dignità di un capo, <si prostrò innanzi> e manifestò tutto il suo dolore senza smettere di affidare al Signore Gesù tutta la sua speranza: <Mia figlia è morta proprio ora> (Mt 9, 18). Ci sono degli attimi che sono capaci di cambiare per sempre una vita stravolgendone il senso e creando uno smarrimento acuto che lascia storditi fino a renderci, talora, ridicoli. Matteo, a differenza di Marco, non pone la domanda di questo padre nel frangente dell’aggravarsi della malattia, ma nella consapevolezza durissima di una morte già consumata <proprio ora>! Eppure, questa morte già avvenuta non riesce a convincere il cuore di questo padre che la vita non sia più possibile e trova in Gesù quella potenza di rigenerazione che supera la capacità generativa di un padre che pure è, di per se stessa, un grande miracolo: <ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà>.
La morte prematura di una figlia è l’occasione per quest’uomo di affidarsi e non di arrabbiarsi. L’attraversamento del terribile dolore di una perdita si trasforma in consapevolezza di avere bisogno di aiuto e nello stesso tempo si manifesta come resistenza alla potenza di una morte che non lasci scampo alla speranza. Il Signore Gesù non dice a questo padre nemmeno una parola, ma silenziosamente e prontamente <si alzò e lo seguì con i suoi discepoli> (9, 19). Non si tratta solo del necessario svolgersi del racconto, ma di una rivelazione teologica: in Gesù si rivela pienamente ciò che il profeta Osea promette e fa sperare. L’Altissimo si mette alla sequela del nostro dolore, del nostro smarrimento, del nostro disorientamento e, facendosi radicalmente solidale con la nostra impotenza, apre nuovi sentieri alla vita. Non solo in Gesù viene condivisa la nostra angoscia, ma egli stesso assume su di sé la reazione degli altri alla nostra eccessiva speranza che si contrappone all’evidenza: <E lo deridevano> (9, 24). I professionisti della morte – prefiche e becchini – non vedono che un’occasione per esercitare il loro mestiere, mentre Gesù assume il cuore di questo padre.
È come se nel cuore del Signore Gesù rifluissero le parole di Osea per riversarsi come balsamo sulle ferite di tutti: <Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore> (Os 2, 21-22). È l’esperienza di quella donna che sembra interrompere la corsa di Gesù verso il capezzale di una morta ancora calda di vita e per la quale ogni istante è prezioso per arrestare la corsa dell’anima verso le profondità dello Sheol. Ma il Signore Gesù ha tempo anche per lei, ha tempo per ciascuno: <Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata> (Mt 9, 22). Ciò che salva questa donna è la decisione di uscire allo scoperto e benché continui a soffrire <da dodici anni> (9, 20) ella riesce ancora a sperare che <proprio ora> possa essere diverso… e così avviene. Toccare è sempre lasciarsi toccare e persino se nulla di nuovo avvenisse per le nostre infermità e le nostre morti, nondimeno saremmo meno soli e più capaci di portare il peso della sofferenza più lievemente proprio perché <parlerò al suo cuore> (Os 2, 16).
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