Profumo di santità

TUTTI I SANTI

Le parole del Veggente di Patmos ci fanno entrare nella festa di tutti i Santi con una nota che apparentemente suona quasi come una curiosità: <E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli di Israele> (Ap 7, 4). Sembra proprio che la solennità di Tutti i Santi riesca a stravolgere uno degli elementi fondamentali per la nostra cultura basata in gran parte sull’economia e, quindi, sui numeri. Nel regno di Dio che attendiamo i numeri sono sostituiti dal <numero> che, simbolicamente, invece di contare per mettere da parte, sembra essere capace di andare oltre ogni conteggio per aprirsi ad un orizzonte di assoluta inclusività. Dopo il numero dei segnati, il veggente vede ancora <una moltitudine immensa> (7, 9) che sembra avere in comune, con quanti già erano stati contati, la loro provenienza: <Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello> (7, 14). Ciò che fa la differenza e ciò che ci rende partecipi del numero innumerevole dei salvati per grazia è il fatto di aver saputo attraversare la <grande tribolazione>.

Questo ci permette di comprendere meglio il peso delle parole che il Signore Gesù pronuncia <vedendo le folle> (Mt 5, 1). Più volte il Signore Gesù pone il sigillo della parola <Beati> su situazioni della vita che apparentemente non hanno nulla di invidiabile o di desiderale. Soprattutto se si arriva a dire <Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia> (5, 11). Il Signore Gesù non augura ai suoi discepoli – né tantomeno a nessun altro – di essere degli sfortunati o, peggio ancora, degli incapaci a godere la vita. Invece si augura e ci augura che, attraverso tutte le situazioni della vita, possiamo e vogliamo custodire una relazione con Dio che ci permetta di cogliere la grazia di essere fino in fondo fedeli a noi stessi. Le beatitudini come fondamento e caleidoscopio di una santità possibile e desiderabile rifondano la nostra felicità non fuori di noi, ma nel più profondo di noi stessi.

L’apostolo Giovanni sembra commentare la visione dell’Apocalisse e lo sguardo posto dal Signore Gesù su quelle folle di cui facciamo parte con questa conclusione: <Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro> (1Gv 3, 3). Nel contesto della festa di oggi possiamo dire così: “santifica se stesso, come egli è santo”. Lungo questa giornata possiamo fare il punto della nostra santità cercando di non enumerare i nostri meriti, le nostre buone azioni o il progresso in questa o quella virtù – per questo dedichiamo un altro momento – ma per ritornare al nostro cuore e ripartire da ciò che siamo nel più profondo di noi stessi dove possiamo sperimentare la gioia impagabile di scoprirci <simili a lui> (3, 2). Come diceva Bernanos, non c’è nulla di difficile o di complicato nella santità, ma essa è simile ad un bicchiere di acqua fresca di cui ci scopriamo capaci di fare dono all’assetato che incrocia la nostra strada di ogni giorno senza neanche troppo accorgersene e senza mai programmarlo.

Infatti, la santità è la grazia straordinaria dell’ordinario in cui, giorno dopo giorno, accogliamo il dono della luce che viene da Dio. Attraversati da questa luce il nostro essere di carne, fragile, povero, talora così opaco, si fa diafano alla presenza di Dio che si dona a noi nella misericordia e nel perdono che ci rende beati perché perdonati. Lo ricorda con la sua arte poetica sublime Christian Bobin quando, paragonando la vita ad una musica oltre la partitura esulta: <questa musica senza musica, questo canto sublime della vita fragile, della vita povera, contrariata, assente, irresistibile>1. Lo stesso poeta ci fa uno schizzo del carattere inconfondibile dell’uomo-gioia che è il santo: <Umile e forte, faceva parte della razza di quelli che benedicono. La sua anima assolata diffonde attorno a sé un profumo di santità che si riconosce ad occhi chiusi, come un ramo di mimosa>2.


1. Ch. BOBIN, L’homme-joie, L’inconoclaste, Paris 2012, p. 52.

2. Ibidem, p. 59.

1 commento

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *