Prevenuti

XIX settimana T.O.

L’evangelista Matteo ci mette di fronte ad una delicatezza da parte del Signore il quale <prevenne> (Mt 17, 25) il povero Pietro che doveva sentirsi abbastanza imbarazzato per la richiesta di pagare la tassa per il tempio. Questo racconto assai particolare, con un modo di pagare le tasse a cui certo non ci dispiacerebbe poter ricorrere, è, in realtà, un’ulteriore esplicitazione del senso profondo di quella parola sulla Pasqua che il Signore Gesù ha appena annunciato ai suoi discepoli gettandoli nello sconforto: <Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato…> (17, 22). La domanda circa la differenza tra i <figli> e gli <estranei> la cui risposta viene a Pietro – immediata ed esatta – sembra essere capovolta dalla scelta del Figlio di assoggettarsi alla regola degli estranei rinunciando così ad ogni privilegio. L’ombra luminosa della croce già si staglia all’orizzonte non solo del cammino del Signore Gesù, ma anche per ciascuno dei suoi discepoli.

La <visione> (Ez 1, 28) del profeta Ezechiele si trasforma così come lo sfondo necessario su cui bisogna continuamente rileggere il mistero di una vita che si consegna rinunciando ad ogni forma di privilegio e di esenzione. Se <i figli sono liberi> (Mt 17, 26) lo sono proprio nella misura in cui accettano di essere i primi a mettere in gioco la propria vita. La parola che il Maestro sembra quasi sussurrare al suo discepolo <Prendila e consegnala loro per me e per te> (17, 27), diventa una regola di vita segnata dalla logica pasquale della consegna di sé piuttosto che della salvaguardia di se stessi attraverso la difesa e la creazione di un sistema di privilegi che, in realtà, rischia di separare dal flusso della vita fino a renderci estranei alle dinamiche ordinarie e vitali dell’esistenza. La rivelazione che sembra raggiungerci fino a scuoterci è quella di un Dio cui non dobbiamo pagare nessuna tassa, ma con cui siamo chiamati a giocare la nostra vita in un dinamismo di reciproco dono di cui fa parte una sottile complicità, come quella vissuta tra Pietro e il Signore Gesù.

La preghiera che la Chiesa ci fa rivolgere al Padre assume tutto il suo senso di gratuità alla luce del Vangelo: <Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso>. Non solo tutta la nostra vita, ma persino tutto il nostro combattimento spirituale ha come fine questo processo di auto-riconoscimento che passa attraverso la consapevolezza di essere figli dell’Altissimo. Il Signore Gesù si dona a noi come la porta stretta attraverso cui possiamo entrare in questo mistero di intimità con Dio. La porta non è stretta perché angusta, ma è stretta per sottrarre ad occhi indiscreti le gioie che si vivono nella casa del Padre, le quali non possono essere donate se non a chi desidera aprirsi realmente al dono di una relazione che trasforma il cuore, la mente, le logiche.

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