Prendere posizione

XV settimana T.O.

La parola del profeta Isaia non lascia scampo: la fedeltà a Dio è sempre proporzionale all’attenzione profondamente coinvolta verso la condizione dell’<orfano> e della <vedova> (Is 1, 17). Le parole che il Signore Gesù rivolge ai suoi discepoli non sono certo da meno e se segnano il passaggio ad una nuova sezione del Vangelo che segue quelle del discorso della montagna e dei dieci segni di guarigione, non fanno altro che sottolineare come e quanto dopo le parole e i gesti del Signore Gesù è ora il turno dei discepoli, il nostro turno: <Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada> (Mt 10, 34). Prima di illustrare le reazioni di Giovanni Battista, dei galilei e dei farisei, Matteo sente l’urgenza di mettere in chiaro quello che il Signore Gesù si aspetta dai suoi discepoli costituiti apostoli per generare ancora dei discepoli. La regola della generazione nella fede, che crea quella che potremmo definire la genealogia ecclesiale, si concentra in poche parole: <Chi avrà tenuto per sé la propria vita la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà> (10, 39).

In tal modo viene messo in chiaro, senza nessuna ambiguità, che la fedeltà alla parola e allo stile di Gesù non può che sconvolgere tutti i parametri, persino e forse prima di tutto quelli affettivi. Così la <pace> diventa una <spada> perché la parola da annunciare e da testimoniare è prima di tutto una parola che chiede la propria conversione spinta fino all’attraversamento delle dogane interiori che ci tengono chiusi nei nostri recinti di egoismo e di autoreferenzialità. Il segno dell’accoglienza del Vangelo nella propria vita – prima di farsi annunciatori del Vangelo per la vita degli altri – comporta che il discepolo accetti di ritrovarsi personalmente nel numero di quei <piccoli> (10, 42) che sono il parametro della storia in senso inverso alla mondanità. Per troppo tempo abbiamo rischiato di identificare la “mondanità” con una certa capacità di godere e gioire della vita, dimenticando che, dal punto di vista del Vangelo, essa è legata all’incapacità di avere occhi e cuore per gli altri. 

Non è possibile che il Vangelo segni profondamente ed efficacemente la nostra vita senza una frattura instauratrice attraverso cui ogni aspetto dell’esistenza – prime fra tutte le relazioni – possa essere vissuto più profondamente passando dalla servitù a se stessi al servizio verso gli altri, cominciando da quanti – poveri e piccoli – non solo non potranno ricambiarci, ma forse non osano neppure chiedere attenzione e cura. Prendere posizione per Cristo e il suo Vangelo significa accettare di scendere fino a condividere la propria ricerca di felicità con coloro che rischiano di esserne esclusi. Ancora di più e ancora oltre… ogni discepolo è chiamato a ritrovarsi, infine, nel numero di quei piccoli che il Vangelo pone come il criterio di discernimento della storia non solo del mondo, ma anche e prima di tutto della Chiesa.

1 commento

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *