Perdita
XXXI settimana T.O. –
Le parole dell’apostolo Paolo starebbero veramente bene sulla bocca del Signore Gesù: <Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore> (Fil 3, 8). Possiamo immaginare, infatti, i sentimenti del pastore della parabola che si lancia alla ricerca della pecora <perduta> (Lc 15, 4). Così pure possiamo immaginare i sentimenti e la decisione di quella donna che mette a soqquadro la casa pur di trovare una delle <dieci monete> (15, 8) che ha smarrito. Per fare ciò è necessario da una parte sentire di non poter perdere una delle pecore del gregge né tantomeno smarrire una delle monete perché di queste si ha bisogno per vivere e non solo per sopravvivere. Questo perché se la ricerca è frutto di un bisogno è altresì l’espressione di una decisione in quanto non si accetta in alcun modo di smarrire ciò a cui si si tiene.
Per lanciarsi in una ricerca così decisa ed audace è necessario nutrire un sentimento di fondo: non ritenere perduto ciò che si è smarrito e sentire, interiormente, di poterlo ritrovare. Prima di essere una questione di scelta è l’espressione di sentimento profondo. L’evangelista Luca ci ricorda il contesto preciso in cui il Signore Gesù racconta queste parabole ed è quello della mormorazione dei farisei benpensanti, i quali andavano dicendo: <Costui accoglie i peccatori e mangia con loro> (15, 2). Nella mentalità dei farisei coloro che considerano “peccatori” sono delle persone perdute per sempre che, secondo il loro pensiero, non possono essere più ritrovate. L’attitudine del Signore Gesù è assolutamente diversa in quanto non si concentra sulla disponibilità o meno dei peccatori di farsi ritrovare, ma sulla decisione di volerli cercare offrendo loro la possibilità di sentirsi comunque amati e desiderati così da rimettere in moto la loro stessa possibilità di scegliere.
Il gesto del pastore che, trovata la pecora, <la carica sulle spalle> (15, 5) e la reazione della donna che, una volta ritrovata la moneta, <chiama le amiche e le vicine> (15, 9) ci fanno sentire il palpito del Signore Gesù che non può rassegnarsi in nessuno modo all’idea che qualcuno sia smarrito e perduto per sempre. Il grande annuncio del Vangelo sta proprio nella coscienza che per quanto noi ci smarriamo e ci allontaniamo, il Signore non smetterà di cercarci e non si arrenderà fino a che non ci avrà ritrovati. Il nostro Dio <accoglie i peccatori e mangia con loro> (15, 2) e ci chiede di fare altrettanto ed è questo <il culto> che siamo chiamati a ad offrire ogni giorno <mossi dallo Spirito di Dio> (Fil 3, 3) senza più <porre fiducia nella carne> ma nell’amore. Prima di pensare agli altri e di adoperarci per gli altri, accettiamo di essere noi quella pecora smarrita che il pastore si carica sulle spalle e riconosciamo di essere noi quella moneta che, perduta, non serve più a niente. Solo così sarà possibile sottrarci alla trappola del fariseismo lasciando che si formi in noi un cuore misericordioso, accogliente, aperto, segnato dalla speranza audace che nulla è perduto finché sarà cercato.
…che bella speranza, che gioià ” sentire il palpito del Signore Gesù che non puo rassegnarsi in nessuno modo all’idea che qualcun sia smarrito o perduto per sempre…non smetterà di cercarci…” GRAZIE !