Pane duro
XXI Domenica T.O. –
La liturgia ci fa oggi concludere la lettura del discorso del Signore Gesù sul Pane di Vita che è Lui stesso posto nelle nostre mani. Come pane il Signore si consegna alla nostra libertà di prendercene cura o meno lasciando che la sua presenza lieviti nella nostra vita e la trasformi. L’evangelista Giovanni annota argutamente che <Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito> (Gv 6, 64). La lunga lettura di un intero capitolo del quarto vangelo si pone quasi come integrazione all’inizio del capitolo sesto di Marco dove – ormai cinque domeniche fa – ne abbiamo sospeso la lettura proprio su un primo piano del Signore Gesù che <Sceso dalla barca, vide molta folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise ad insegnare molte cose> (Mc 6, 34). Di fatto l’evangelista Marco non di dice nulla di queste <molte cose> e, la Liturgia, ci aiuta ad entrare nel mistero di questo silenzio attraverso la lettura di uno dei capitoli mistagogici del quarto vangelo in cui il Signore si presenta come <pane vivo> (Gv 6, 51) che si dà da mangiare come <carne per la vita del mondo> (6, 51). Non diversamente dai <Giudei che si misero a mormorare> (6, 41) anche <i discepoli> (6, 61) – e noi con loro – ci troviamo realmente in imbarazzo davanti a questa parola del Signore. Se volessimo comprendere il mistero di cui ci parla il Signore Gesù con le nostre categorie e a partire dalla debolezza dei nostri parametri non ci resterebbe che prendere atto di non poter più stare con il Signore poiché la sua <parola è dura> (Gv 6, 60) e come un pezzo di pane duro non può che andarci di traverso e farci soffocare o rigettare. Questa, in realtà, è la nostra perenne condizione davanti alla Rivelazione del dono di attrazione a sé che il <Padre> (Gv 6, 65) ci fa attraverso la carne del suo Figlio. Come il popolo di Israele finalmente giunto alla fine del suo esodo dalla terra della schiavitù, anche a noi – ogni giorno – è offerta la possibilità di scegliere e riscegliere con chi vogliamo giocare la nostra vita e su che cosa. Giosuè e Gesù ci mettono davanti alla stessa sfida. Giosuè dice al popolo dopo aver portato a termine la conquista della terra delle promesse: <Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, scegliete oggi chi servire> (Gs 24, 2); il Signore Gesù mette i suoi apostoli davanti alla possibilità di prendere le distanze con una domanda che li lascia liberi di pensare come gli altri che non hanno potuto sopportare le esigenze del “segno” del pane pur essendosene nutriti fino a sazietà, e per questo chiede: <Volete andarvene anche voi?> (Gv 6, 67). Lungi dal dare una risposta troppo affrettata ci conviene sostare un momento in adorazione e in profonda riflessione. Solo così ci sarà possibile comprendere cosa noi vogliamo essere per il Signore e per i nostri fratelli e sorelle in umanità.
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