Nudo

XIII settimana T.O.

Due detti del Signore formano il Vangelo di oggi che interpella ancora una volta la nostra vita di discepoli. Due risposte che il Cristo dà a due interlocutori senza nome che sembrano quasi impedire a Gesù di <passare all’altra riva> (Mt 8, 18). È come quando qualcuno chiede qualcosa mentre si sta partendo o si sta uscendo di casa… è comunque un’interruzione che richiede non solo un surplus di attenzione, ma pure un di più di attenzione. Il Signore Gesù, dopo aver compiuto dei segni di accoglienza e di guarigione, riprende la sua strada senza mai accettare di essere imprigionato dal suo stesso crescente successo nella considerazione della gente. Il Cristo va sempre oltre e vive ordinariamente in un dinamismo pasquale che esige una disponibilità assoluta a sapersi lasciare interpellare dai bisogni fino ad assumere il dolore in modo così profondo da saperlo lenire, ma senza mai lasciarsi bloccare né tantomeno possedere o, peggio ancora, manipolare fosse anche per motivi di compassione.

Questo tale che interroga il Signore sembra veramente ben intenzionato. Le sue parole sono sincere e decise: <Maestro, ti seguirò dovunque tu vada> (8, 19). La risposta di Gesù non è un rifiuto di accoglienza nel numero dei discepoli, ma è una chiarificazione netta del fatto – da tenere sempre presente – che mettersi alla sua sequela è un rischio e non un investimento: <il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo> (8, 20). Davanti a questo dialogo sembra proprio che uno dei discepoli trovi il coraggio di avanzare la sa richiesta, tra l’altro comprensibilissima e umanissima: <permettimi di andare prima a seppellire mio padre> (8, 21). La risposta di Gesù è un invito a restare nell’attimo presente in modo assoluto: <Seguimi…>! Per comprendere la forza e la portata di questi detti del Signore siamo aiutati dalle parole del profeta che dice: <Allora nemmeno l’uomo agile potrà più fuggire né l’uomo forte usare la sua forza, il prode non salverà la sua vita né l’arciere resisterà, non si salverà il corridore né il cavaliere salverà la sua vita. Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!> (Am 2, 14-15).

Questo testo sarà ripreso dall’evangelista Marco proprio nel contesto della Passione per indicare come l’unico modo per entrare nel mistero di Cristo è quello di lasciar cadere ogni maschera e ogni protezione. Il cammino richiesto ad ogni discepolo non è quello di un funzionario che si sopravveste dei suoi titoli e delle sue insegne, ma è un cammino di reale e continua spogliazione prima di tutto da ogni progetto personale. Solo così ciascuno può assumere tutta la propria vulnerabilità discepolare che ci permette di essere, infine, rivestiti dalla grazia del perdono e della compassione. Per essere discepoli non basta “volere”, bisogna prima di tutto e soprattutto assumere se stessi per andare incontro agli altri in modo disarmato e realmente aperto ad un incontro che non può e non deve mai lasciarci uguali a noi stessi.

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