Convertire… in bacio
Settimana Santa –
Ciò che fa la differenza tra il lavare i piedi di un servo e quello di un amante è il bacio che riesce a trasformare radicalmente la realtà pur senza mutarla. Ciò che fa la differenza tra un patibolo ignominioso e il trono dell’amore è il bacio che oggi – non solo il celebrante – ma tutti i fedeli pongono sul legno della croce rendendolo così un ramoscello di vita. Mentre ci avviciniamo alla croce per baciarla possiamo sentirci tutto come un ranocchio che ha bisogno di un bacio per diventare principe e ritrovare così tutta la propria bellezza e la propria dignità in un amore capace di andare oltre le apparenze e di sfidare tutte le negazioni che annichiliscono e annientano l’immagine meravigliosa di Dio che si nasconde in ciascuna delle sue creature.
Il grido del Crocifisso non solo raggiunge ma si fa interprete di ogni grido umano, trasformandolo così in una supplica di presenza e di amore: <Dio mio, Dio mio…>! Come spiega poeticamente Christian Bobin <Questa parola di Cristo è la parola la più amorosa che si possa immaginare. Ciascuno ne conosce la vibrazione intima. Nessuna vita può fare l’economia di questo grido. Questa parola è il cuore dell’amore, la sua fiamma tremolante, si addormenta ma non si spegne. Questa è la sola prova dell’esistenza di Dio: non ci si rivolge infatti così al nulla. Quest’ultimo scintillìo della parola fa di Cristo qualcosa di più di un angelo: il nostro fratello angosciato e fragile. Questo grido che si infrange contro la gola di marmo di un Dio ammutolito, da di Colui che lo lancia la realtà più intima tanto da renderlo il più prossimo dei nostro possibili prossimi: noi stessi quando la fiducia se ne va come il sangue scorre da una vena tranciata eppure continuiamo a parlare amorosamente a chi ci sta uccidendo. Bisogna che il buio si accentui perché sorga la prima stella>1.
Nel salmo di questa liturgia non funebre, ma nuziale, troviamo le parole più serene e confidenti che dovrebbero diventare parte integrante del nostro stesso vocabolario: <Alle tue mani affido il mio spirito> (Sal 30, 6). Il profeta Isaia sembra protestare contro tutte le apparenze e ci aiuta a cogliere la posta in gioco del mistero della croce che sfida tutte le logiche mondane e le annienta: <Ecco il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente> (Is 53, 13). In questo memoriale della passione del Signore siamo chiamati ad andare oltre per riconoscere sotto le apparenze del fallimento, la vittoria di un amore che si lascia annientare senza lasciarsi vincere quando a dedizione e donazione. Per questo le parole della Lettera agli Ebrei ci raggiungono diritto al cuore della nostra ricerca del modo di dare una risposta a tanto amore: <Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno> (Eb 4, 16).
Avvicinarci alla croce come ad un trono da cui speriamo di ricevere la misericordia e la grazia di preparare il tempo in cui toccherà a noi di rispondere alla vita con lo stesso stile e con la stessa passione del Signore. Pilato lo offre anche a noi quale modello, quale via, quale sguardo: <Ecco l’uomo> (Gv 19, 6).
1. Ch. BOBIN, L’homme-joie, L’iconoclaste, Paris 2012.