Come pane
XI settimana T.O. –
La preghiera che il Signore insegna ai suoi discepoli è una perla incastonata tra due avvertenze: tra l’argento di una parola essenziale e l’oro di un cuore capace di perdonare perché consapevole del perdono che ha ricevuto. La preghiera del Signore non è semplicemente una formula di orazione, ma donandosi a noi come modello di preghiera, in realtà diventa il modello della nostra vita di discepoli. Papa Giovanni XXIII ebbe a dire: <Vogliamo insistere sul triplo privilegio di questo “pane quotidiano” che i figli della Chiesa devono chiedere al Padre celeste, ed aspettare, fiduciosi, dalla divina provvidenza. Deve essere prima di tutto “nostro pane”, cioè il pane chiesto a nome di tutti. “ Il Signore, ci dice San Giovanni Crisostomo, ci insegna nel Padre nostro a rivolgere a Dio una preghiera a nome di tutti i nostri fratelli. Vuole così che le preghiere che innalziamo a Dio riguardino gli interessi del prossimo quanto i nostri. In questo modo intende combattere le inimicizie e scacciare l’arroganza”. Deve essere, inoltre, un pane “sostanziale” (Mt 6,11 greco), indispensabile alla nostra sussistenza, al nostro cibo. Questo pane, è Dio stesso, verità e bontà da contemplare e amare; un pane sacramentale: il Corpo del Salvatore, testimonianza e viatico della vita eterna. La terza qualità richiesta a questo pane, e non meno importante delle precedenti, è che sia “uno”, simbolo e causa di unità (cf 1Cor 10,17)>1.
Il pane che chiediamo diventa nelle parole del Signore simbolo di tutto ciò che è necessario alla nostra vita e alla vita di tutti: per vivere e per vivere insieme abbiamo bisogno del pane, del perdono, e della forza per vincere il male. Proprio il riconoscimento di avere bisogno ci rende consapevoli del dovere e della sfida della fraternità come esercizio di una comune cura che permette così alla divina paternità di raggiungere e accompagnare ognuno nel suo cammino che è sempre fatto di desideri e di bisogni. La preghiera che Gesù ci insegna è “impegnativa” non per il suo aspetto esoterico, ma per il fatto che, mentre sale al cospetto di quel Dio che riconosciamo e invochiamo come “Padre nostro”, ci rende consapevoli e collaboratori di questo progetto di Dio. Un progetto che riguarda tutti perché ad ognuno va assicurata la vita del corpo, la libertà dell’anima e il perdono ricevuto e offerto senza i quali l’esistenza non può che intristire.
Di questa preghiera che il Signore Gesù ha insegnato ai suoi discepoli ed è stata trasmessa a noi sulle ginocchia delle nostre madri e dei nostri iniziatori alla fede si può veramente dire che <bruciava come fiaccola> (Sir 48, 1). Perché una fiaccola bruci è necessario che venga alimentata con cura e perseveranza. Anche quando le nostre giornate sono più fitte di una boscaglia che ci impedisce di vedere oltre la somma delle urgenze, non dimentichiamo di pregare con le parole che il Signore ci ha consegnato come fuoco della fede da custodire sotto la cenere delle tante occupazione e preoccupazioni di ogni giorno.
1. GIOVANNI XXIII, In Discorsi, messaggi, colloqui, t. 1, Vatican 1958, p. 433.