Profeta
XVII settimana T.O. –
Non è difficile immaginare quanto le parole e l’esperienza del profeta Geremia abbiano formato il cuore del Signore Gesù sostenendolo nella preparazione del suo ministero e facendo maturare nel suo cuore la disposizione a pagare, fino in fondo, il prezzo della sua testimonianza. La conclusione della prima lettura non lascia scampo: <Tutto il popolo si radunò contro Geremia nel tempio del Signore> (Ger 26, 9). Il tempio, che fa da sfondo significativo nella prima lettura, diventa la <sinagoga> (Mt 13, 54) nel Vangelo. Il risultato non sembra cambiare, anzi, persino inasprirsi: <Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua> (13, 57). Abbiamo ancora nelle orecchie e nel cuore l’eco delle parabole che Gesù ha raccontato e commentato alla folla e ai suoi discepoli, e ci troviamo ora nella situazione in cui la sua parola è come se si scontrasse con la più terribile delle resistenze attraverso un senso di familiarità che chiude le possibilità ad un reale incontro e blocca ogni incremento possibile di relazione: <Ed era per loro motivo di scandalo> (13, 57).
Il profeta, per sua natura, non può essere mai motivo di accomodamento! Fa parte del suo ministero e, prima ancora, della sua esperienza interiore sentire l’appello della Parola quale invito costante a verificare e convertire la propria vita. Il passaggio di Gesù a Nazaret si conclude con questa nota: <E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi> (Mt 13, 58). I prodigi e i segni già compiuti dal Signore Gesù non sono un modo per costringere alla fede in lui, al contrario essi sono la risposta ad una fiducia già sentita ed espressa di cui i segni sono una conferma per crescere ulteriormente nella fede. Che il tempio e la sinagoga si trasformino in luoghi di incredulità e persino diventino lo sfondo in cui si decide la sorte amara dei profeti, è molto triste, eppure rimane qualcosa di possibile che bisogna saper mettere in conto.
La mancanza di fede rende il Signore Gesù impotente ed egli non forza, ma si arrende! La sinagoga di Nazaret dove il Signore Gesù è stato allevato e dove ha mosso i suoi primi passi nella festa, tenuto per mano dal padre Giuseppe e in compagnia dei suoi cari – fratelli, sorelle e amici – diventa stranamente la <loro sinagoga>! È maturata una certa estraneità dovuta all’incapacità di ascoltare veramente e fino in fondo. Eppure il Signore Gesù non disdegna di esporsi e di offrirsi alla nostra accoglienza assumendo anche il rischio di essere rifiutato fino ad essere eliminato. Il ministero di ogni profeta, in ultima analisi, non è che a servizio della crescita della nostra consapevolezza e responsabilità. La vera posta in gioco di ogni ascolto e di ogni obbedienza alla parola che si raggiunge attraverso i profeti ha come fine quello di rivelarci a noi stessi per prendere in carico – fino in fondo – il carico del nostro desiderio la cui autenticità si misura sempre sulla nostra capacità o meno di rischiare, di donare, di comprometterci.