Convertire… non trascinare
Giovedì dopo le Ceneri –
Stiamo ancora compiendo i primissimi passi del nostro cammino quaresimale, ma la Parola di Dio – racchiusa nelle Scritture – sembra non darci tregua e ci chiede di prendere subito posizione. Le parole del Deuteronomio sembrano mettere il dito sulla piaga: <Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti ad altri dèi e a servirli, oggi vi dichiaro che certo perirete> (Dt 30, 17-18). Il Signore Gesù non è da meno quanto a chiarezza e perentorietà: <Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua> (Lc 9, 23). La forza e la radicalità della parola con cui siamo obbligati a misurarci ci mette di fronte all’esigenza improrogabile di prendere su di noi la <croce> della nostra libertà, della nostra consapevolezza, della nostra umanità. Non è raro che giochiamo a nascondino con noi stessi facendo finta di desiderare ciò che, in realtà, non ci interessa affatto o, comunque, troppo poco per mettere in movimento il meglio di noi stessi.
Per riprendere la parola del Deuteronomio potremmo dire che la sfida quotidiana è quella di non <trascinare> la croce di <ogni giorno> ma di portarla con dignità. Il primo modo per non farsi come costipare interiormente è di avere uno sguardo semplice e lucido. La nota di quotidianità sottolineata dal Signore Gesù con l’evocazione di <ogni giorno> è, in realtà, ben più di un’esortazione è, invece, uno stile. Se, infatti, non sappiamo abitare il presente in cui la nostra libertà è sfidata ad essere attiva e responsabile, rischiamo di lasciarci appesantire dalle croci del passato e persino paralizzare da quelle che immaginiamo nel nostro futuro. Nella prima lettura possiamo avvertire una certa urgenza che scaturisce da una profonda passione: <Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio> (Dt 30, 19-20).
Il Signore Gesù ci interroga severamente rimandandoci a noi stessi e, per certi aspetti, spingendoci ad un severo esame di intelligenza senza il quale persino l’esame di coscienza rischia di essere una trappola: <Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?> (Lc 9, 25). Se non sappiamo cosa vogliamo veramente, qualunque cammino di conversione sarebbe impensabile e la fatica rischia di essere inutile tanto che la vita rischia di essere trascinata e non vissuta in pienezza persino quando ci tocca sperimentare la morte. I giorni, che si stendono davanti a noi con l’immensità ammaliante e inquietante di un deserto, ci sono dati come un’occasione propizia per dare ad ogni nostra fatica il tocco di una dignità e quasi di una signorilità che fa la differenza.
Scegliere è il più grande onore che abbiamo e il fatto di non tirarci indietro nella capacità di decidere e nella volontà di essere fedeli sarà il segno che non siamo dei servi, ma siamo dei figli capaci di essere sempre più fratelli. Se matureremo interiormente in questa attitudine, allora la <croce> non solo non ci spaventerà più, ma sarà il segno inequivocabile della nostra libertà, il sigillo della nostra discepolanza non solo desiderata e sventolata come fosse una bandiera, ma compiuta amorevolmente nel solco esigente e magnifico della nostra quotidianità sempre più da amare, e non trascinare.