Libertà
XXXII settimana T.O. –
Alla fine dell’ascolto del Vangelo che ci ripropone un’altra parabola sentiamo di essere aiutati ad entrare nella modalità divina di vivere e di relazionarsi, si avverte un sentimento profondo ed efficace di liberazione. La frase che il Signore Gesù si augura possa fiorire sulle labbra dei suoi discepoli è liberante e, al contempo, coinvolgente: <Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare> (Lc 17, 10). Riuscire a pronunciare questa frase non solo senza rammarico, ma con una fiera serenità sembra essere il fine del combattimento spirituale di un’intera esistenza: essere infine liberati dalla paura di non essere all’altezza della vita per sentirsi liberi di vivere nella misura del possibile e del fattibile. L’esortazione dell’apostolo Paolo ci spinge nella medesima direzione: <insegna quello che è conforme alla sana dottrina> (Tt 2, 1). A questo punto ci aspetteremmo da parte dell’apostolo una sequenza di insegnamenti e di dottrine e, invece, ci troviamo di fronte ad una carrellata di quelle che sono le situazioni ordinarie della vita in cui le generazione e i caratteri incrociano continuamente i loro cammini e i loro sguardi: gli <anziani>, <le donne anziane> che vivono in relazione con le <giovani>, e ancora <i più giovani>.
Tutti e ciascuno sono chiamati – siamo continuamente chiamati – a farci canali di una <grazia> che <porta la salvezza a tutti gli uomini> (2, 11). Evidentemente la parola dell’apostolo e l’esortazione del Signore sono alquanto esigenti e sembrano strapparci continuamente ed efficacemente alla tentazione di adagiarci nel nostro comodo e nella ricerca dei nostri piccoli e striminziti interessi. Eppure, l’esigenza di una vita continuamente in lotta contro i lacci dell’egoismo si rivela un luogo di autentica libertà che non è mai libertà di fare quello che si vuole, ma corrisponde sempre al difficile ed entusiasmante cammino di essere in grado di mettere la propria vita a servizio di un incremento possibile di felicità. Nel linguaggio della parabola, la parola del padrone sembra una minaccia: <Prepara da mangiare, stringiti la veste ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu> (Lc 17, 8).
A questo punto, proprio quando tutto sembra perduto e la condizione del servo sembra completamente assoggettata e minorata nella libertà, scocca come una freccia una domanda: <Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?> (17, 9). A questa domanda, in realtà, non viene data una risposta! Eppure conoscendo, attraverso il Vangelo, il cuore di Dio, possiamo veramente osare affermare che il nostro Dio è pieno di gratitudine perché continuamente ci dona la sua grazia <nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo> il quale <ha dato se stesso per noi> (Tt 2, 13-14). Ora tocca a noi di fare altrettanto con la medesima grazia e, soprattutto, con la medesima libertà interiore. Il salmo ci conforta: <Sta’ lontano dal male e fa’ il bene e avrai sempre una casa> (Sal 36, 27). La nostra dimensione creaturale non è motivo di diminuzione, ma di felicità nella relazione, come il disegno di un bambino attaccato allo sportello del frigo che è capace di rendere felice il bimbo e ancor più i suoi genitori non per il suo pregio, ma per il segno di un amore ricevuto e ridonato.
Abbiamo fatto quanto dovevamo fare… abbiamo fatto quanto potevamo fare!
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