Io sono!

Conversione di san Paolo

Verso la fine della sua vita e della sua esperienza di credente, l’apostolo Paolo diventa capace di dire: <Io sono un Giudeo… educato… formato… pieno di zelo… sentii una voce> (At 22,3ss). Paolo ci indica il compito che riguarda ciascuno di noi, un compito che può realmente cambiare la nostra vita rendendola sempre più toccata dalla grazia fino a renderla capace di mediare il dono della grazia e della salvezza: passare dalla visione all’ascolto. Ciò che segna, fino a cambiare radicalmente la vita di Saulo-Paolo, tanto da toccare e incidere sullo stesso cammino della Chiesa, è questo passaggio fondamentale della sua vita sulla strada di Damasco ove: <verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”> (22, 7). Per la prima volta l’apostolo sente pronunciare il suo nome come un appello e – sulle labbra di Cristo Signore – il suo nome rivela tutto l’abisso della sua verità: la promessa di una santità che esige un passo di superamento di se stessi.

Il testo insiste su un aspetto importante che differenzia Paolo da coloro che condividono il suo viaggio e che, molto probabilmente, partecipano alla sua missione contro i discepoli di Gesù: <Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava…> (22, 9). Ciò che dà consistenza alla nostra vita discepolare non è, in realtà, quello che vediamo che corrisponde a quello che sappiamo, ma ciò che siamo in grado di ascoltare fino a lasciarcene cambiare. La parola che il Signore affida alla sua Chiesa è una traccia di discernimento non solo per l’annuncio, ma prima di tutto per l’esperienza di Dio: <se berranno qualche veleno, non recherà loro danno> (Mc 16,18). Il veleno più antico e il più pericoloso è quello che fece cadere i nostri progenitori che furono ammaliati da ciò che vedevano e si nascosero invece alla <voce> (Gn 3,10)

Come Paolo anche noi siamo in viaggio, come l’apostolo anche noi siamo in cammino per le nostre strade e, forse senza che neppure ce ne avvediamo, si apre davanti a noi una <Via> (22,4) che ancora non abbiamo intravista e che pure è davanti a noi come una possibilità e un appello. Se ci lasciamo destabilizzare e ci rimettiamo per strada, allora sarà possibile scoprire chi siamo veramente a partire da ciò che avremo accettato di diventare – per dire in verità – partecipando allo stesso mistero dell’Altissimo: <Io sono!>. Certamente ricordiamo il giorno della nostra nascita, ricordiamo forse anche quello del nostro battesimo e di altri momenti fondamentali della nostra vita… ma ci sarebbe anche da festeggiare – nel segreto del cuore – il momento o i momenti in cui, il passaggio della grazia, ha segnato e ha cambiato la nostra vita dal profondo. È da festeggiare intimamente il momento in cui la nostra vita, pur sembrando uguale a se stessa, è diventata così nuova da esigere un passo indietro da ciò cui eravamo abituati con noi stessi…e questa sarebbe la conversione senza la quale rischiamo di rimanere ignoranti del meglio di noi stessi.

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