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XXXII settimana T.O. –
Il senso ultimo del nostro cammino è quello di essere sempre più in grado di essere maggiormente <giustificati per la sua grazia> per diventare <eredi della vita eterna> (Tt 3, 7). Nel Vangelo ci viene narrato il modo in cui la grazia non solo viene donata, ma pure esige di essere accolta e quasi metabolizzata perché sia in grado di illuminare e trasformare la vita in modo reale e profondo. Si potrebbe riassumere il messaggio delle due letture di oggi così: <Non basta essere <purificati> (Lc 17, 17) per essere realmente <giustificati> (Tt 3, 7). La differenza si fa mediante il segno di quel cammino all’<indietro> (Lc 17, 18) che permette di andare oltre il proprio bisogno e di intercettare il desiderio più profondo che abita il nostro cuore umano, il desiderio di potersi relazionare nel segno di una gratitudine capace di approfondire i legami e non solo di offrirsi reciprocamente delle prestazioni. Quando sentiamo semplicemente che il Signore viene incontro alle nostre necessità non siamo ancora entrati nel dinamismo della grazia che esige la capacità di tornare sui propri passi per celebrare una relazione accolta e riconosciuta. Questo avviene quando a spingere verso l’altro non è più solo il bisogno. Questo può avvenire quando a muovere i passi è il desiderio di non lasciar cadere nell’oblio la sofferenza che può diventare luogo di grazia attraverso l’esercizio di una memoria grata.
Le parole del salmo assumono in questo contesto un peso assai particolare: <mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome> e ancora <il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza> come pure <bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita> (Sal 22). Il salmista ci aiuta ancora una volta a comprendere il mistero di questo saper leggere il mistero della nostra vita all’indietro in una capacità sempre più consapevole di fare memoria del dono di una relazione con Dio che ci restituisce alla piena relazione con i nostri simili. La vera lebbra da cui tutti noi abbiamo bisogno di essere purificati è quel senso di isolamento che rischia di renderci non solo estranei, ma persino ostili gli uni agli altri. L’apostolo si lascia prendere da un giusto entusiasmo: <Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia> (Tt 3, 4-5).
Possiamo sentire così tutta la forza dell’osservazione di Gesù che ci interpella: <Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?> (Lc 17, 17-18). Imparare a tornare indietro resistendo a tutti quegli stimoli – interiori ed esterni – che spingono ad andare sempre avanti senza mai soffermarsi sulla vita che noi stessi abbiamo la gioia e il compito di vivere. Laddove la nostra supplica si fa fervente e insistente, non dobbiamo mai dimenticare di fare memoria dei doni ricevuti per aprirci alla gratitudine che è il primo grado e il primo passo di ogni versa guarigione:<Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!> (Lc 17, 19).
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