Il tuo nome è Pane, alleluia!
Ottava di Pasqua –
Siamo noi i due discepoli che alla sera di Pasqua se ne tornano ad Emmaus a testa bassa. L’evangelista Luca ci dice che i due discepoli <erano in cammino> (Lc 24, 13), soprattutto ci ricorda magnificamente che <Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro> (24, 15). Il messaggio è chiaro: solo la compagnia del Risorto permette ai discepoli, e a noi come loro e con loro, di smettere di camminare a testa bassa per riprendere la nostra strada come il paralitico di cui ci parla sempre Luca negli Atti degli Apostoli: <Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare: ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio> (At 3, 7-8). Perché il paralitico possa riprendere a camminare fino ad essere capace persino di saltare, è necessario che si consumi un vero incontro tra quest’uomo abbandonato <ogni giorno presso la porta del tempio detto Bella> (3, 2) e gli apostoli. Pietro e Giovanni non si accontentano di dargli una distante elemosina e proseguire per la loro strada per penetrare nel Tempio ove incontrare l’Altissimo, ma sanno prendere tutto il tempo fino a perdere tempo al fine di incontrare quest’uomo in un modo così profondo da rimetterlo in cammino verso la vita e restituirlo alla sua dignità di persona: <Lo prese per la mano destra e lo sollevò> (3, 7). Proprio come si invita una persona a danzare con sé in modo gentile, galante, coinvolto e, necessariamente, gioioso.
Il lungo racconto del Vangelo di Emmaus ci mette di fronte alla scoperta del Signore Gesù come di colui che con grande pazienza aiuta i discepoli a rialzarsi dalla loro prostrazione e a ritrovare fiducia nella vita. Il primo passo per incontrare il Risorto è, in realtà, la capacità e la volontà di voler incontrare di nuovo qualcuno: <Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto>. La reazione del Signore è semplice ed immediata: <Egli entrò per rimanere con loro> (Lc 24, 9). Questo versetto del vangelo di Luca è un condensato del mistero della risurrezione come mistero di relazione. Solo nella misura in cui si rende di nuovo possibile l’incontro, da persona a persona, è possibile sperimentare nella propria vita una forma adeguata ed unica di risurrezione. La risurrezione non è un “miracolo” è un processo interiore che esige la partecipazione piena della propria persona, accettando di lasciarsi incontrare e interrogare. Il pane che è la presenza del Risorto nelle nostre vite non è un pane di elemosina come quello che si aspettava il paralitico alla porta del tempio, ma è un pane sostanzioso per il cammino e non per accomodarci o peggio ancora per immobilizzarci. Si tratta per questo di rinfrescare la memoria ripercorrendo attraverso le Scritture la nostra stessa vita.
Il Signore, dopo la sua Pasqua e prima di tornare al Padre, desidera condividere con noi la “sua” lettura esistenziale delle Scritture a partire dalla sensibilità del suo cuore di Figlio che ci riapre la strada di un’autentica fraternità. Le ultime parole del Vangelo evocano il <pane>, ma non si tratta di un pane per accomodarsi, bensì di un pane per camminare proprio come avviene per il paralitico posto alla porta Bella, proprio come avviene per i discepoli, i quali dal camminare a testa bassa riprendono la strada con una gioia rinnovata e un entusiasmo ritrovato.
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