I tempi di Gesù

XXV settimana T.O.

Il Signore Gesù ha bisogno di un <luogo solitario> dove metabolizzare in modo profondo e assolutamente nuovo la realtà che sta diventando per gli altri. L’evocazione della morte del Battista è particolarmente sobria nel Vangelo secondo Luca e senza che si scenda nei particolari che, invece, sembrano essere stati totalmente affidati al racconto della sua concezione e della sua nascita. Le parole atterrite di Erode: <Giovanni è risorto dai morti> (Lc 9, 7) sembrano trasformarsi nel cuore e nell’orante meditazione di Gesù fino a diventare una sorta di strada da percorrere. Il Signore si ritira in solitudine e da questa solitudine esce con una chiarezza e una consapevolezza tutta da sentire e tutta da condividere con i suoi discepoli: <Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno> (9, 22). Sembra che il Signore si conformi in tutto alla sapienza del Qoèlet e ripercorra – non nella forma del passato, ma in quella del futuro – ognuno dei passi che lo attende con una passione e una dedizione assolute.

Se è vero che <Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo>, questo diventa vero nella misura in cui sappiamo accogliere il mistero della nostra vita e ne accettiamo i tempi, i modi, gli incidenti, i fallimenti come pure le gioie e i successi. Sembra che il Signore Gesù senta il bisogno di raccontare – a se stesso e ai suoi discepoli – la scaletta del suo salire verso Gerusalemme. Questa salita è una vera ascensione che culmina in quel chiaro <risorgere il terzo giorno> che però non può darsi senza passare per i due giorni che lo precedono e lo preparano. Qoèlet lo ricorda come un’evidenza cui doversi necessariamente arrendersi: <C’è un tempo per nascere e un tempo per morire> (Qo, 3, 2). Tuttavia questo naturale avvicendarsi delle stagioni e degli stadi della vita non è solo un’evidenza, esige pure un’accoglienza e una scelta che libera dalla tentazione di subire, piuttosto che di acconsentire in modo consapevole e coraggioso.

Il Signore ha scelto di accogliere il dinamismo pasquale nella sua vita e vuole aiutare i suoi discepoli a fare altrettanto. Per fare questo il primo passo è porre loro una domanda, e il secondo è quello di illuminare la risposta che se è esatta, va comunque ben compresa e radicalmente purificata: <Ma voi, chi dite che io sia?> (Lc 9, 20). Certo la risposa degli apostoli ha la sua importanza soprattutto perché rende possibile quel necessario e fondamentale chiarimento del Signore sul suo cammino pasquale, ma la domanda di Gesù conserva tutta la sua preziosità perché rivela una relazione con i discepoli che non è unilaterale, ma veramente reciproca. Il Signore è un Maestro che ascolta, interroga, interpreta gli avvenimenti e si lascia interpellare persino dagli incidenti di percorso, tanto da rendere ancora più vera la parola del Qoèlet: <Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine> (Qo 3, 11).

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