Giudicare

XX settimana T.O.

Non è di immediata comprensione la parola con cui il Signore Gesù cerca di rassicurare i suoi discepoli dinanzi alla presa di coscienza di quanto sia esigente il cammino della sequela. La risposta sembra non essere direttamente legata alla domanda con cui Pietro cerca di raccogliere la propria e l’altrui preoccupazione: <In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele> (Mt 19, 28). Una parola di non facile comprensione che sembra rimandare, quasi per non affrontare, il problema di come essere salvati e, soprattutto, di come trovare beneficio e, per certi aspetti, vantaggio nella sequela di Cristo Signore.

La promessa è quella di partecipare a quel giudizio che avverrà alla fine dei tempi e di cui si parlerà nell’ultima parabola del Vangelo secondo Matteo, in cui sarà <il più piccolo> (25, 41) ad essere il metro della verità del rapporto con Dio. Del resto, questa conclusione viene già, in certo modo, anticipata: <Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi> (19, 30). La prima lettura è un bell’aiuto per concretizzare ulteriormente la forza di questa parola del Signore che, attraverso il suo profeta, giudica e disapprova il principe di Tiro per un motivo chiaro: <Poiché il tuo cuore si è insuperbito> (Ez 28, 2) e ancora <si è inorgoglito il tuo cuore> (28, 5). Questa parola ci fa capire meglio a che cosa faccia riferimento il Signore Gesù quando afferma crudamente: <difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli> (Mt 19, 23).

Questa parola cu fa capire meglio che cosa rischia sempre di mancare, come per i discepoli, alla nostra sequela. Si tratta di maturare nella disponibilità a non pensare mai e in nessun modo che seguire il Signore Gesù possa essere fonte di qualche vantaggio, neppure nella forma del risarcimento: <Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?> (19, 27). La risposta sembra essere che avremo semplicemente la possibilità di raggiungere gli <ultimi> smettendo finalmente di ammassare <oro e argento nei tuoi scrigni> (Ez 28, 4). Ogni giorno anche noi ci troviamo nella condizione del re deplorata dal profeta, tanto che siamo invitati ad imparare ad essere <un uomo e non un dio> (28, 2). Solo se passeremo attraverso la dura scuola della nostra umanizzazione che passa attraverso l’imbuto di una reale semplificazione potremo infine partecipare alla stessa vita di Dio non come fonte di privilegi, ma come sorgente di un amore sempre più grande.

La reazione dei discepoli – che pure erano perlopiù semplici pescatori – davanti alla parola di Gesù circa le ricchezze ci sorprende per onestà e chiarezza: <Allora, chi può essere salvato?> (Mt 19, 25). Mentre noi ci reputiamo sempre non così tanto ricchi da essere toccati dalle invettive sulla ricchezza, gli apostoli si ritengono tra quei ricchi che sono colpiti dalla parola del Signore. Siamo tutti abbastanza ricchi e non sufficientemente poveri per dover vendere un po’ di noi stessi per farci attenti agli altri.

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