Gioia
VII settimana –
Tre soli versetti, per esprimere tutta la fatica di essere discepoli senza mai diventare – più o meno consapevolmente – dei “portaborse” interessati a servire il proprio padrone per trarne qualche vantaggio per la propria posizione. Giovanni si fa interprete, non solo del disagio che serpeggia nel gruppo dei discepoli, ma pure – suo malgrado – di quel sentimento di superiorità che deve essere rivelato perché rischia di ammalare il cuore di quanti, pur essendo piccoli d’animo, hanno la fortuna di vivere accanto a persone dal cuore grande: <Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva> (Mc 9, 38). Giovanni, candidamente, rivela la malattia che già ha attentato il suo cuore, un cuore di discepolo che, in realtà, si mette al posto del Maestro benché il titolo sia riservato, apparentemente, solo a Gesù: <non ci seguiva>! Da parte sua il Signore Gesù non esita ad agire con la sapienza del medico e, ben prima che accada, cerca di ribaltare il modo di leggere la realtà con un’espressione di rara efficacia – <chi non è contro di noi è per noi> (9, 40) – premurandosi così di distinguere accuratamente la sua persona da quella del gruppo dei discepoli: <non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me> (9, 39).
Ciò che tradisce il discepolo Giovanni – e ciò che spesso tradisce anche noi come discepoli – è quel sottile senso di amarezza nei confronti degli altri quando non sono riconducibili ai nostri schemi e ai nostri parametri. Ciò che illumina ancora una volta il volto di Cristo è questa sua capacità di non sentire mai la concorrenza del bene che ci può essere negli altri, ma di essere in grado di riconoscerlo, di ammirarlo, di additarlo con quella serenità e quella gioia che rendono la vita più semplice e più bella. La prima lettura ci offre un criterio di discernimento per misurare e rettificare il nostro modo di entrare in contatto con la realtà che sta dentro di noi e che si muove attorno a noi: <Chi ama la sapienza ama la vita, chi la cerca di buon mattino sarà ricolmo di gioia> (Sir 4, 12). La gioia è sempre il segno distintivo di una libertà interiore che ci permette di guardare agli altri con un senso di meraviglia, e con un rispetto tale che arriva persino a lasciare che l’altro sia, non solo diverso da noi, ma persino che ci sia contro: <Se egli invece batte una falsa strada, lo lascerà andare e lo consegnerà alla sua rovina> (Sir 4, 19).
Il salmista non fa che confermare quest’atmosfera di serenità. Essa ha bisogno di una buona dose di distacco: <Grande pace per chi ama la tua legge: nel suo cammino non trova inciampo> (Sal 118, 165). La parola e i gesti del Signore Gesù ci chiedono di essere discepoli sereni e gioiosi, per nulla preoccupati di garantirci una sorta di controllo totale sui doni che ci vengono dal nostro Maestro e che non sono nostri, ma che appartengono veramente a tutti, persino quando noi rischiamo di pensare o di augurarci il contrario. Sentiamo e accogliamo l’invito del Signore a resistere alla tentazione del sospetto per vivere nella gioia di chi abita all’altezza del proprio cuore, credendo che gli altri facciano altrettanto.
Meravigliosa omelia. Un caro saluto a Tutti. Maurizio