Fermento
Corpus Domini –
Nella Colletta di questa solennità viene chiaramente evidenziato il “nesso pasquale” di questa festa: <Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua>. La Chiesa vuole invitare i suoi figli a adorare, cioè a rendersi conto della grandezza del dono che viene fatto loro perché l’opera della redenzione – frutto della Pasqua di Cristo – sia sempre più benefica. L’Eucaristia è per la Chiesa la garanzia del legame al suo Signore. Infatti, a partire dalla Pentecoste essa non cessa di celebrare l’Eucaristia fino al giorno del suo ingresso nel banchetto del Regno. Vi è un profondo legame tra la contemplazione del Dio-Amore e il Cristo presente nel sacramento. L’Eucaristia è infatti il mezzo – sacramento – attraverso cui la vita di Dio viene riversata nella nostra stessa vita, tanto da fare della Chiesa il Corpo di Cristo per mezzo del Corpo mistico di Cristo. Come dice Efrem il Siro: <Il fuoco e lo Spirito sono nel nostro battesimo ma anche nel calice sono il fuoco e lo Spirito>. Quando la Chiesa ci invita a porci in relazione particolare al mistero dell’Eucaristia lo fa nella speranza che ciascun credente possa, in tal modo, prendere coscienza o rettificare la sua coscienza di fronte a questo dono che nutre e fortifica la vita di ogni battezzato. Ma quante volte si rischia di dimenticare ciò che Agostino dice così fortemente: <il mistero che voi siete è nelle vostre mani>? Proprio come quella misteriosa <brocca d’acqua> (Mc 14, 13) che indica la strada per la sala al <piano superiore> (14, 15). L’Eucaristia è il luogo in cui impariamo a vivere come Cristo donando la vita fino a portare l’acqua come fanno le donne e come farà Gesù – nel vangelo di Giovanni – amando i suoi <fino alla fine> (Gv 13, 1). Attraverso l’Eucaristia, Dio stesso – in Cristo Gesù – si mette nelle nostre mani, entra nel nostro stesso corpo per assimilarci al suo e farci una cosa sola con tutti i credenti. Infatti, comunicare con Cristo risorto significa far entrare dentro di noi un seme di vita incorruttibile che desidera trovare nella nostra vita il terreno buono e fertile in cui portare frutto abbondante. Il seme di risurrezione posto dentro il nostro stesso corpo vuole essere in noi fermento di <immortalità> come scriveva Ignazio di Antiochia e questo <in virtù del proprio sangue> (Eb 9, 12). Questo fermento avrà fatto la sua opera solo, quando la nostra vita sarà una vita da risorti, ossia segnata dalla medesima logica del Cristo: l’autodonazione, il dono totale di sé, il lasciarsi prendere al pari di un nutrimento e di una bevanda. Mangiare e guardare per essere assorbiti e assorbire una presenza del Mistero che ci trasformi, assieme a tutti i credenti, nello stesso Corpo di Cristo in cammino verso l’unità. Un Dio che accetta di mettersi nelle nostre mani non può che aspettarsi da noi che facciamo altrettanto: non solo che ci rimettiamo nelle sue mani, ma che ci abbandoniamo fiduciosi alle mani degli altri.
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