Dalle nozze
XXIX settimana T.O. –
Troviamo nel Vangelo una particolare rivelazione che riguarda il Signore Gesù. Tutta la vita cristiana è, sin dagli inizi dell’esperienza di fede della comunità credente, l’attesa fervida e amorosa di un ritorno. Esso veniva attesto dai primi cristiani in modo imminente tanto da far dire a Paolo mentre scrive ai Tessalonicesi che <noi che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti> (1Ts 4, 15). Gradualmente la parusia è stata collocata sempre più nel futuro senza togliere che uno dei cardini dell’esperienza della fede professata e celebrata nel sacramento dell’Eucaristia sia proprio l’attesa della sua venuta come attestiamo subito dopo la consacrazione del pane e del vino. La parola del Signore Gesù non ci soccorre dandoci dei ragguagli su quelli che sono i tempi e i modi della parusia, ma ci rivela da dove il Signore sta tornando: <dalle nozze> (12, 36).
Per rimanere nella parabola, dobbiamo sottolineare che il cammino della storia si orienta verso il suo compimento aprendosi all’accoglienza del Signore nelle vesti dello sposo che torna a casa… non torna da un funerale, bensì dalla festa nuziale che diventa così la cifra con cui siamo chiamati continuamente a interpretare la storia senza cedere a tentazioni di lettura troppo pessimiste e tristi. Al contrario: <Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli> (12, 37). Come si potrebbe mai dormire in una gioia così profonda e contagiosa come sono le feste nuziali. Il Signore ci chiede di partecipare alla sua gioia e di lasciarci contagiare dal senso di pienezza e di bellezza. Non solo, ci ricorda che il suo ritorno non sarà per noi un tempo amaro di giudizio e di rendiconto, bensì il tempo del sollievo: <in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli>!
Per commentare e comprendere sempre più profondamente questa parola del Signore, possiamo rileggere con calma – frase dopo frase – la cascata di magnifiche affermazioni che fanno della prima lettura un mosaico di pace e di gioia: <Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo> (Ef 2, 13). Questo sangue non è prima di tutto il sangue sacrificale della riparazione e dell’olocausto compensatorio delle colpe, è prima di tutto il sangue dell’alleanza, come quello che si fa tra amici del cuore mescolando il proprio sangue per sentirsi fratelli non solo per sempre, ma anche da sempre: <Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne> (2, 14). Alla luce di questa parola possiamo sentire tutta la forza e la consolazione delle ultime parole del Vangelo: <E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!> (Lc 12, 38). Il salmista sembra non stare più nella pelle: <Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto… i suoi passi tracceranno il cammino> (Sal 84, 13-14). È il cammino dello sposo che torna a passi danzanti e ci invita ad unirci pienamente alla sua gioia per essere <insieme> nientemeno che <abitazione di Dio per mezzo dello Spirito> (Ef 2, 22).
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