Da dentro

XVIII settimana T.O.

Tre testi di rara bellezza che accompagnano spesso il cammino del credente nel suo pellegrinaggio di fede: Geremia, Davide e Gesù… infine Pietro. Sembra che ci siano tutti e, cosa ancora più essenziale, al livello più importante: quello del cuore. Nel salmo responsoriale ripetiamo ancora una volta le parole di Davide che sono la preghiera di ogni uomo e donna con un minimo di consapevolezza: <Crea in me, o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo> (Sal 50, 12). Ripetendo la preghiera di Davide in uno dei momenti più difficili e significativi del suo percorso di uomo, di credente e di re siamo invitati non solo a chiedere la purificazione del nostro cuore e della nostra vita intera ma ad impetrarla come rafforzamento del nostro essere persone. Nessuna purezza angelicata, dis-incarnata o de-storicizzata. Al contrario siamo di fronte ad una santità che affonda le sue radici nel reale concreto e si eleva al di sopra di ogni tentazione di ripiegamento o – peggio ancora – di “impietrimento” spirituale. La preghiera di Davide è come la regola sempre <nuova> (Gr 31, 31) del nostro rapportarci al desiderio di Dio: <porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore> (31, 33).

Un versetto sicuramente conosciuto, ruminato e particolarmente amato dal Signore Gesù. Questo versetto di Geremia è uno dei capisaldi del rinnovamento spirituale in seno ad Israele di cui il Signore Gesù fu dapprima discepolo e poi insigne e autorevole maestro. L’eterno conflitto tra religione esteriore, fatta di pratiche e di convenzioni, e vita di fede interiore tutta centrata sull’adesione del cuore a un Dio che si comporta come uno sposo amante di ogni sua creatura… è sempre sotto i nostri occhi e nelle intime pieghe della nostra intima ricerca spirituale. Un raggio di questo conflitto lo possiamo cogliere nella domanda che il Signore Gesù pone ai suoi discepoli a <Cesarea di Filippo> (Mt 16, 13). Una domanda con cui lo stesso <Maestro e Signore> (Gv 13, 13) chiede, in realtà, ai suoi discepoli-amici per comprendere se stesso e abbracciare fino in fondo la sua vocazione e la sua missione. Alla prima domanda circa quello che dice <la gente> (16, 13) segue una domanda assai più impegnativa: <Voi chi dite che io sia?> (16, 15). Il Signore ha bisogno di una risposta che venga “da dentro”, dal cuore dei suoi discepoli e che sia il frutto della loro esperienza di intimità. La risposta di Pietro è importante e fondamentale, non perché “dogmaticamente” esatta, ma perché spontanea, immediata, di cuore: <Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente> (16, 16). Si potrebbe parafrasare senza tradire: “Tu sei tutto!”.

Con il linguaggio dei nostri giovani si potrebbe trascrivere: “Sei grande” e con ancora più effetto “Sei un Mito”. Su <questa pietra> (16, 18) si fonda la Chiesa! Sono queste le <chiavi del regno> (16, 19) con cui possiamo aprire tutto e mettere così a disposizione dell’umanità la totalità dei doni di Dio per ogni uomo e donna: la nostra adesione di cuore e la nostra risposta da dentro al mistero di Gesù come rivelazione di Dio. Naturalmente, come per Pietro, anche per ciascuno di noi dopo questo passo di adesione “di cuore” è necessario fare un altro passo, quello di accettare tutte le conseguenze dell’intimità imparando a pensare <secondo Dio> e non <secondo gli uomini> (16, 23). Non basta <riconoscere il Signore> (Gr 31, 34), bisogna anche imitare il Signore cominciando a pensare con il cuore senza timore e <apertamente> (Mt 16, 21).

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