Correzione

IV settimana T.O.

Potremmo immaginare la reazione del Signore Gesù davanti all’incredulità: <che strano!>. La cosa più strana della nostra vita è proprio la nostra lentezza e la nostra incapacità nell’aprirci ad una relazione con Dio attraverso la fede in Lui, che pure si fa così vicino e prossimo a noi, proprio per facilitarci questo mistero di incontro. Il Signore si rende sempre più a portata di mano al nostro cuore e all’adesione della nostra fede. Bonaventura è ammaliato da questo mistero di nascondimento e, meditando sul mistero della vita nascosta di Gesù a Nazaret, così commenta: <Si rendeva spregevole… credi che questo sia poca cosa? Certo, di questo lui non aveva bisogno, mentre ne avevamo bisogno noi. Non conosco nulla di più difficile o di più grande. Mi sembrano essere giunti al più alto grado, coloro che, di tutto cuore e senza far finta possiedono se stessi a tal punto da non ricercare altro che essere disprezzati, non contare nulla e vivere in un abbassamento estremo. Questa è una vittoria più della conquista di una città>1.

La Lettera agli Ebrei commenterebbe l’ultima frase di Bonaventura con il versetto che abbiamo già trovato ieri e che ritroviamo quest’oggi: <voi non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato, e avete dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli…> (Eb 12, 4). L’autore della Lettera agli Ebrei a questo punto parla della necessità della <correzione> (12, 5) che, prima di essere una correzione morale, è una correzione di sguardo e di orientamento. Si tratta di correggere il proprio modo di guardare al Signore Gesù e di farlo entrare e vivere nella nostra esistenza quotidiana. Infatti, grande è il rischio di cadere nella stessa trappola in cui si lasciano andare coloro che, seppur conoscono Gesù da sempre, nondimeno <si scandalizzavano di lui> (Mc 6, 3). In realtà, la fonte e il motivo dello scandalo stanno proprio nel fatto che il Signore Gesù non è riducibile a ciò che di Gesù costoro pensano già di sapere e di possedere ed è proprio per questo che fanno fatica ad accettare – proprio come noi – la <correzione del Signore> (Eb 12, 5).

Potremmo mettere sulle labbra del Signore, che cerca, in tutti i modi, di farsi accogliere <nella sua patria> (Mc 6, 1) questa parola: <è per la vostra correzione che voi soffrite> (Eb 12, 7). Questa non è assolutamente una minaccia, è un modo per ricordare al nostro cuore la necessità di non fermarci alla superficie delle nostre conoscenze e persino delle nostre migliori esperienze: <Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone?> (6, 3). Certo che lo è, ma è anche ben più di quello di cui sappiamo per certo già di Lui e di quello che presumiamo di sapere e di poter raccontare su di Lui… c’è qualcosa che ci sta ancora <insegnando> (6, 6) e che aspetta di essere ascoltato e di essere accolto per lasciarcene toccare fino a farcene trasformare… non solo come si corregge un alunno, ma anche come si aggiunge una correzione ad un buon caffè perché diventi ancora più buono!


1. BONAVENTURA, Meditazioni sulla vita di Cristo, Opera Omnia, t. 12, p. 530.

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