Convertire… senza parole

Mercoledì delle Ceneri

Ogni anno, il cammino quaresimale ci chiede di metterci silenziosamente e serenamente in fila per ricevere sul capo un pugnetto di cenere e sentirci ripetere con austera solennità: <Convertitevi e credete al Vangelo>. La liturgia non ci chiede di rispondere nulla e di non aggiungere neanche un <Amen> rituale a questa parola. Sembra che la nostra risposta debba essere silenziosa e il nostro silenzio sia il modo più promettente per lasciarci interpellare senza fare promesse, ma semplicemente mettendoci in cammino aspettando che la risposta sia data dalla strada che sapremo percorrere in verità. La parola del Signore ci aiuta a radicare il nostro cammino di conversione nelle esigenze proprie del Vangelo che sembrano fare tutt’uno con la nostra vita intima e con la nostra umana compagnia. La preghiera deve essere segreta; l’elemosina non può che essere un segreto tra noi e il fratello più povero; il digiuno e la rinuncia non possono che toccare l’intimità del nostro corpo avvertito come luogo di relazione, di amore, di crescita. Tutto è ritmato da un ritornello: <e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà> (Mt 6, 4). Questo ritornello è come l’intonazione inconfondibile di ogni Quaresima per diventare il ritmo segreto e intimo della nostra stessa vita di discepoli.

Il tempo della Quaresima è un tempo propizio, l’apostolo lo dichiara <un momento favorevole> (2Cor 6, 2). Il cammino di preghiera, di carità, di attenzione è come una possibilità che doniamo a noi stessi per essere in verità ciò che sentiamo di essere profondamente. Il profeta Gioele si fa interprete della passione di Dio per noi che aspetta, da ciascuno di noi, una risposta e ci ricorda come e quanto <Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo> (Gl 2, 18). Così il <corno> (2, 15) di guerra diventa l’invito a lottare contro tutto ciò che in noi e attorno a noi può oscurare il volto di Dio <misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore> (2, 13) stando attenti a non <suonare la tromba> (Mt 6, 2) della vanagloria. La cenere che profuma il nostro capo non è solo memoria della nostra mortalità e del nostro limite, è anche memoria della passione di Dio per noi che lo rende capace di ridurre a nulla – in cenere! – tutte le nostre colpe e i nostri errori. Come spiega padre Delfieux: <all’inizio della Quaresima non ci viene solo ricordato che siamo vasi fragili, caduchi e mortali>. Se il nostro venire dalla terra e ritornare alla terra è la verità prima non è né l’ultima né, tantomeno la principale, poiché <in questo vaso di argilla il Signore ha posto il tesoro della sua stessa vita>1.

Un passo ci viene chiesto per primo: metterci in fila e accogliere sulla nostra testa il segno di ciò che siamo, da cui veniamo e verso cui andiamo. Eppure, in questo silenzio potremo sentire uno sguardo su di noi ed è uno sguardo di fuoco capace di ridurre in cenere tutte le nostre paure facendoci sentire peccatori… perdonati e amati. Per sentire questo dobbiamo esporci fino a consegnarci al Padre mettendoci alla sequela del Signore Gesù che sale a Gerusalemme senza temere di scendere verso l’umiliazione. Forse nel silenzio assordante del Golgota la frase che ci viene oggi consegnata ha sostenuto la speranza del Crocifisso nel momento del più grande digiuno, il digiuno da se stessi: <ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà> (Mt 6, 18).


1. P. M. DELFIEUX, Évangéliques, Parole et Silence, Les Plans 2013, p. 32.

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