Convertire… le pietre
Domenica delle Palme –
La parola che il Signore rivolge ai farisei che gli chiedono di mettere a tacere i discepoli e la folla può essere assunta come chiave di lettura e portale di ingresso per la Settimana Santa: <se questi taceranno, grideranno le pietre> (Lc 19, 39). Le pietre che solitamente hanno un valore alquanto negativo, perché indicano la durezza e chiusura del cuore, come pure una certa modalità inerte della vita spirituale, diventano qui il segno di una radicale trasformazione. Essa può toccare così profondamente l’uomo posto davanti al mistero di Dio – mistero che si rivela nell’abbassamento pasquale di Cristo – da aprirlo ad una fede chiara e testimoniale. Il vangelo di Luca, nel racconto della Passione, ci offre un particolare in cui conferma ulteriormente una delle note più caratteristiche di questo testo ovvero: la fiducia spassionata per la quale, ogni uomo e donna, possano riaprirsi alla relazione con Dio. Essa è resa ancora più profondamente vera – le conferisce una sorta di spessore di qualità – da quella che può essere l’esperienza del peccato che distanzia e allontana.
Per questo, accanto a Gesù, la presenza di due <malfattori> diventa per Luca l’occasione per dare ancora una volta la parola al perdono che si fa promessa: <Oggi sarai con me in paradiso> (Lc 23, 43). Questo malfattore riconosce in Gesù la speranza, non di essere sottratto al suo supplizio, ma di avere la possibilità di attraversarlo non più da solo. Il Signore restituisce al “buon ladrone”, come comunemente lo chiamiamo, la gioiosa possibilità di poter riscoprire la sua radicale innocenza. La croce, non solo quella di Gesù, ma pure quella del ladrone, diventa il luogo di un parto ove la nostra umanità può aderire pienamente al mistero di quel bambino a lungo negato, e il quale è riscoperto proprio nel momento della <giusta> punizione. Finalmente un uomo <condannato alla stessa pena>, permette a quest’altro che tutti ci rappresenta, di confessare la sua pena e di rivelare il suo desiderio più profondo: chiedere di essere portato in braccio nel regno dei cieli, nel paradiso, nella vita, nell’amore, nel desiderio, nella speranza.
In questa figura si ricapitolano tutte quelle figure che costellano il vangelo di Luca: dal figlio prodigo, alla peccatrice, a Zaccheo, al pubblicano che non osa levare lo sguardo verso il cielo… a noi! Entriamo nei misteri di questa Settimana Santa seguendo certamente il Signore Gesù che sale al Calvario con la sua croce, ma vogliamo salire anche noi con la nostra croce, con la croce che siamo. La speranza più grande è quella che questi giorni possano essere, per ciascuno di noi una, vera scuola di vita che non può mai omettere la lezione fondamentale sul mistero della sofferenza e della morte. Oggi leviamo in alto le palme come i bambini di Gerusalemme e prepariamo noi stessi ed essere innalzati alla stessa altezza del Crocifisso per potergli infine parlare in una intimità e una verità che ci renderà capaci di pensare a noi stessi in un modo completamente nuovo. È ormai vicina <la discesa del monte degli Ulivi> (Lc 19, 37) che precede di poco l’erta del Calvario, ma non siamo soli… e non lasciamolo solo! Allora la morte – ogni morte – non sarà che una porta spalancata di <paradiso>. Sì, le <pietre> (19, 40) dei nostri cuori, addolciti dalla grazia di questi giorni, potranno stupirsi ancora davanti alla pietra rotolata via dal sepolcro e intoneranno, presto, il canto della vittoria dell’amore.
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