Convertire… in lucignolo

V Domenica T.Q. 

Le parole del profeta sono come superate e quasi contraddette dal Signore Gesù: <essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti> (Is 43, 17). Invece proprio davanti al tempio quando la furia di quanti si sentono resi onnipotenti dalla debolezza e dalla fragilità di una donna <sorpresa in adulterio> (Gv 8, 3) chiedono al Signore Gesù di spegnere con un ultimo soffio la sua vita. Ma il nostro Signore Gesù Cristo, proprio come ricorda il profeta in un altro passo, non è venuto a <spegnere il lucignolo fumigante> (…), bensì a custodirne e ravvivarne la fiamma. La parola dell’apostolo Paolo ci porta al cuore della questione: <Non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono conquistato da Cristo Gesù> e aggiunge <So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte> (Fil 3, 12-13).

È questo il senso delle ultime parole scambiate tra Gesù e questa donna, quando oramai tutti se ne sono andati: <Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più> (Gv 8, 11). Proprio quando sembra che il lucignolo debba spegnersi con l’ultima folata di vento, ecco che, invece, un goccio di olio in più di amore e di misericordia messo nella fragile lampada della vita di questa donna permette di riprendere a vivere e a sperare. I farisei vorrebbero usare questa donna <per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo> (8, 6), il Signore Gesù mettendosi al livello di vulnerabilità di questa donna ormai finita cambia completamente la situazione.

Gesù scrive per terra nella polvere come non ricordare l’inizio della Quaresima quando abbiamo ricevuto sul capo un pizzico di cenere. I farisei vogliono applicare la Legge scritte con il dito di Dio sulle tavole di pietra, e Gesù ricorda a ciascuno che questa Legge deve essere scritta nel cuore di carne riconciliato con la polvere della propria e dell’altrui fragilità. Geremia dice che <i nomi degli accusatori saranno scritti nella polvere> (Gr 17, 13), ma il profeta Isaia ci ricorda che <ho scritto il tuo nome sulle palme delle mie mani, non ti dimenticherò mai> (Is 49, 15-16).

Alla modalità affollata con cui i farisei si assiepano attorno al Signore Gesù corrisponde una solitudine cercata e attesa dal Cristo per poter finalmente incontrare e lasciarsi incontrare da questa donna. Solo quando tutti se ne sono andati, sembra che il Signore dia finalmente la risposta agli scrivi e ai farisei che l’avevano interrogato. Il Signore non passa sopra all’esperienza negativa e al peccato vissute da questa donna, ma è solo nella solitudine che il riconoscimento del peccato può diventare un vero invito alla conversione che è sempre un invito ad esercitare in pienezza la libertà: <… va’ e d’ora in poi non peccare più>. Quando papa Francesco ha commentato questo vangelo nel suo primo Angelus in piazza san Pietro ebbe a dire che se Dio non si stanca mai di perdonarci, siamo invece noi a stancarci di chiedere perdono a Dio.

1 commento
  1. maria cristina fregni
    maria cristina fregni dice:

    Ecco , faccio una cosa nuova..
    la novità dello Spirito è sempre creativa
    e apre nuove possibilità,
    il perdono fa vivere e riprendere la vita!

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