Convertire… il pensiero

III settimana T.Q.

Il cammino del Signore Gesù e il suo mistero pasquale, in cui si rivela integralmente il suo ministero salvifico per tutta l’umanità, risultano chiaro sin dall’inizio tanto che il suo destino di croce più che una sorpresa è il coronamento di un processo: <passando in mezzo a loro, si mise in cammino> (Lc 4, 30). Siamo a Nazaret in occasione del ritorno di Gesù nella sua terra e tra i suoi concittadini nella pienezza della sua coscienza e agli inizi ardenti della sua predicazione. Le cose sono dure sin da subito, tanto che <Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù> (4, 29). In un modo diverso – ma non poi così diverso – si ripete la tentazione del diavolo che lo aveva condotto in alto spingendolo a buttarsi giù per dimostrare di essere una persona straordinaria. Alle grandi dimostrazioni sembra proprio che il Signore preferisca i passi semplici di un cammino ordinario, banale, e per molti aspetti, scontato. A confermare questa attitudine interiore, nemica di ogni spettacolarità, il Signore evoca le figure della vedova di Sarèpta e quella di Naaman il Siro. Questa donna incontrata per strada dal profeta Elia diventa il segno di una capacità di assumere il reale con una docilità così profonda da andare oltre l’evidenza fino a cambiarlo. La memoria di Naaman il Siro ci riporta al mistero di una guarigione necessaria da ogni inutile attesa di straordinarietà che riempie di sdegno Naaman: <Ecco, io pensavo…> (2Re 5, 11).

Sicuramente anche gli abitanti di Nazaret pensavano tante cose di Gesù e su Gesù tanto da aspettarsi ben più di un semplice commento alla Parola di Dio del giorno. Eppure, per il Signore sembra bastare questo: riprendere a camminare, ogni giorno, con un’intelligenza sempre più profonda delle Scritture che permette di impastare, quotidianamente, il pane dell’esistenza fino a farlo lievitare nella pazienza delle piccole cose, cuocerlo nel forno della pazienza quotidiana e condividerlo come il nutrimento di ogni giorno per il passo di ogni giorno. Ad aiutare Naaman in quest’accoglienza dell’ordinarietà sono proprio i suoi servi: <Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bagnati e sarai purificato”> (5, 13). A questa parola accorata dei servi sembra fare eco quella rivolta dal Signore Gesù ai suoi vicini di casa: <In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria> (Lc 4, 24).

Infatti, non si tratta di sedurre, né di attrarre, né, tantomeno, di ammaliare, bensì di vivere a servizio della verità intesa come intelligenza semplice del reale, in cui siamo chiamati ad accogliere le indicazioni per il nostro cammino di obbedienza e di purificazione. Senza dubbio l’evocazione di Naaman è un modo per preparare i catecumeni al battesimo e aiutare i battezzati a non dimenticare di doversi immergere ogni giorno nei battesimi quotidiani che la vita richiede e cui, talora, obbliga fino a farci ritornare ad avere sono solo <un corpo di ragazzo> (5, 14), ma un animo di piccolo che si sa consegnare. Nel quotidiano della nostra vita siamo chiamati a scegliere tra la fiducia e la pretesa, tra la consegna vivificante di noi stessi e il ripiegamento mortifero su noi stessi.

1 commento

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *