Convertire… il fuori
II Domenica T.Q. –
Questa seconda grande tappa del nostro quaresimale è ritmata da una memoria che si fa monito o, più precisamente, indicazione di rotta: <Dio condusse fuori Abram e gli disse: “Guarda in cielo…> (Gn 15, 5). Non sembra poi così diverso quello che fa il Signore Gesù con i suoi discepoli quando: <prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare> (Lc 9, 28). L’accostamento dei due testi ci aiuta a comprendere meglio il senso di uno degli elementi caratteristici del cammino quaresimale che, unitamente al digiuno e all’elemosina, è proprio la preghiera. Questa sembra non essere altro che il consenso della nostra umanità ad uscire fuori dai confini della propria abitudine per aprirsi al <cielo> e per salire con la dovuta fatica <il monte>. Sia per Abram che per Gesù e i suoi discepoli si tratta in realtà di acconsentire ad una trasfigurazione – termine che Luca non usa – del proprio sguardo attraverso cui leggere la realtà con un’intelligenza nuova.
Lo sguardo trasfigurato è propriamente quello degli innamorati o di una puerpera nei confronti del proprio neonato… si tratta di una capacità di vedere oltre fino a cogliere ciò che gli altri non possono nemmeno immaginare. Se questo è il lato stupendo dell’amore, non bisogna mai dimenticare che entrare in questo modo di guardare che riflette il modo abituale con cui l’Altissimo ci guarda e ci trasfigura continuamente, non bisogna dimenticare che vi è connessa la necessità di una immolazione imprescindibile. Per Abram nella notte del passaggio di Dio come Signore della sua vita come per i discepoli nella notte di condivisione della preghiera del loro Maestro c’è un passo da fare che esige la disponibilità a immolare il proprio modo di pensare e persino di avere paura. Il <terrore> (Gn 15, 12) che assale Abram non è poi molto diverso della <paura> (Lc 9, 34) che stringe il cuore dei discepoli davanti a quello strano discorso che Gesù intesse con Mosè ed Elia circa quel <suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme> (Lc 9, 31).
L’apostolo Paolo conosce bene quanto sia difficile entrare e rimanere nel cammino pasquale tanto da implorare i suo fratelli nella fede <con le lacrime agli occhi> perché nessuno imiti o si lasci ammaliare dai <nemici della croce di Cristo> (Fil 3, 18). In questa seconda domenica di quaresima ci è chiesto di fare un ulteriore passo <fuori> per ascendere con Gesù verso <il monte> che già prefigura il Calvario che diventa il trampolino imprescindibile per sperimentare la gioia di avere la <cittadinanza nei cieli> (3, 20).
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