Convertire… è scendere
IV settimana T.Q. –
Potremmo a ragione dire che ormai la vita del Signore Gesù è tutta in salita – come spesso abbiamo l’impressione che sia pure la nostra vita su questa terra – e, nel cuore di Cristo, vi è piena e piana coscienza di tutto ciò: <egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria> (Gv 4, 44). Lo stesso Signore Gesù come e in comunione con ciascuno di noi è chiamato ad una sottile conversione: imparare che salire è scendere. La grande visione del profeta nella prima lettura di oggi: <Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare> (Is 65, 17-18), trova il suo giusto contesto proprio nel dinamismo della scuola quaresimale. Attraverso l’apprendimento che ci viene offerto dalla liturgia, ciascuno di noi è condotto a rendersi conto di come la gioia, che nessuno e niente può <togliere> (Gv 16, 23), è proprio quella che radica in un rinnovamento profondo della logica cui obbedisce la nostra vita animata dal nostro desiderio più forte e più profondo. Come dice il salmo: <alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino ecco la gioia> (Sal 29, 6). Non si può conoscere l’emozione del mattino senza aver saputo attraversare la paura della notte; non si può conoscere la pace senza aver assunto tutto il peso del turbamento.
Per ben tre volte, nel vangelo di oggi ritorna il verbo <scendere> (Gv 4, 47). Infatti <il secondo miracolo> (4, 54) del Signore Gesù nel vangelo di Giovanni avviene sempre a <Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino> (4, 46) su richiesta della madre sua ed è come risposta – ancora una volta – ad una richiesta in favore di terzi. In questo caso da parte di un funzionario del re, che, più profondamente e veramente, è un padre che implora per il suo figlio: <Signore, scendi prima che il mio bambino muoia> (5, 49). La promessa del profeta: <Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni> (Is 65, 20) è come se diventasse – attraverso l’angoscia di quest’uomo – l’occasione perché il Signore Gesù si riveli – e in verità – come <un profeta> (Gv 4, 44). Il Signore Gesù ac-con-discende con la sua parola che tramuta questa volta l’imminente morte in aurora di vita. Questo cambiamento del <lamento in danza> (Sal 29, 12) avviene <proprio mentre scendeva> (Gv 4, 51).
La parola del Signore rivolta al funzionario del re: <Va’ tuo figlio vive> (4, 50) sembra farsi lontana profezia di ciò che non sarà udito in quel terribile pomeriggio che si tramuterà in notte fonda sul Calvario: salire è scendere e questo va fatto senza prove, ma mettendosi <in cammino> (4, 50) come Abramo con il suo figlio Isacco verso il Moria; come quest’uomo per il suo figlio già in viaggio verso gli inferi; come ciascuno di noi che è pellegrino verso <nuovi cieli e terra nuova> (Is 65, 17). Forse pensavamo di dover salire e invece si tratta sempre e solo di scendere come il sole <dopo mezzogiorno> (Gv 4, 52). Non è difficile immaginare la trepidazione di questo padre mentre torna a casa senza <segni e prodigi> (4, 48), contando solo su una parola chiaramente esagerata e come sospeso sul baratro di una difficile fiducia. Eppure, solo così anche per ciascuno di noi <il passato non verrà più in mente> (Is 65, 17) e la paura non sarà più la nostra tomba prima ancora che la morte ci abbia raggiunto. Il Signore Gesù non ci guarisce con gesti portentosi e parole incantatorie, ma lo fa <semplicemente con la sua sensibilità che testimonia un segreto conosciuto solo da lui: il Regno di Dio che viene è la misericordia>1.
1. J. GILLET, Jésus devant sa vie et sa mort, Aubier, p. 115.
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