Condotta
XXVII settimana T.O. –
Le letture ci offrono, come in uno specchio, la possibilità di guardarci dentro per comprendere meglio chi siamo e per decidere chi vogliamo diventare giorno dopo giorno. L’apostolo Paolo si mostra capace di trasformare la sua lontananza da Cristo in un’occasione di autentica testimonianza: <voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo> (Gal 1, 13). Parla dapprima di sé l’apostolo, per cedere subito il posto alla presenza del Signore Gesù il quale, entrando nella sua vita l’ha trasformata da motivo di timore e di terrore in motivo di benedizione e di gratitudine: <E glorificavano Dio per causa mia> (1, 24). Così pure nel Vangelo ci troviamo ad essere confrontati con due modi di accogliere il Signore Gesù non solo diversi, ma persino potenzialmente contrapposti. Nondimeno la cosa più importante di questo gioiello di vangelo non è il modo con cui Marta e Maria accolgono il Signore nella loro casa e nella loro vita, bensì il fatto che il Signore – proprio dopo aver raccontato la parabola del buon samaritano nella cui figura ha nascosto e significato il mistero di se stesso – si lasci accogliere e persino coccolare in quelli che sono i modi propri di Maria e quelli, diversi ma così importanti, di Marta.
Potremmo leggere questo passaggio di Gesù nella casa di Marta come una parabola esistenziale che spiega ulteriormente la parabola del buon samaritano. Alle figure del levita e del sacerdote si accostano, per differenza, quelle di Marta e di Maria. La figura così compassionevole e coinvolta del samaritano si rivela in tutta chiarezza nel modo con cui il Signore Gesù si fa non solo accogliere, ma si fa garante di modi diversi di accoglierlo, di amarlo e di servirlo. La parola di Marta è ben più che una lamentela: <Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti> (Lc 10, 40). È piuttosto una dichiarazione di condotta, di logica, di orientamento e di scelta di vita che, invece, di essere accolto come una grazia personale da far fruttificare rischia di trasformarsi in una clava con cui giudicare e condannare gli altri. La risposta del Signore Gesù non è un rimprovero per Marta, ma è un invito energico ad andare all’essenza dei suoi gesti di premura e di cura, non lasciandosi distogliere dai suoi pensieri di giudizio che, in realtà, sono una sottile richiesta di approvazione e persino di dichiarazione di eccellenza. Se questa è la malattia di Marta, allora il medico compassionevole non esita a somministrare la cura adeguata: <Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta> (10, 42). Stiamo attenti a scegliere la nostra linea di condotta nella dedizione e nella libertà del cuore sapendo e amando che gli altri possano avere altre priorità e altre modalità. Che non ci capiti di dimenticare che donare e ricevere, ricevere e donare sono le due facce di una stessa medaglia, sono il respiro della stessa anima e il duplice movimento dello stesso cuore.
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