Ciechi

XXX Domenica T.O.

Con la pericope che la liturgia ci offre in questa domenica, concludiamo la lettura del capitolo decimo di Marco. Ci troviamo così di fronte al cieco Bartimeo con cui l’evangelista-catechista vuole che ogni battezzato si confronti. Allora non ci resta che sostare su questa splendida figura di cieco in cui possiamo ben vedere noi stessi e con cui ciascuno di noi come discepolo è chiamato non solo ad identificarsi ma, ancor di più a lasciarsi guidare ed accompagnare. Clemente di Alessandria nella sua Esortazione ai Greci dice: <Ricevi il Cristo, ricevi la facoltà di vedere, ricevi la luce, affinché tu conosca bene Dio e l’uomo. Il Verbo che ci ha illuminati è più prezioso dell’oro, più dolce del miele e di un favo stillante> e aggiunge <come non sarebbe, infatti, desiderabile colui che ha illuminato lo spirito sepolto nelle tenebre e conferito acutezza agli occhi dell’anima portatori di luce?>. Anche noi sul ciglio della strada della nostra vita possiamo sentire l’approssimarsi della luce di Cristo attraverso il sentore profondo del calore che emana dal suo passare. Egli è come un raggio di sole percepito ad occhi chiusi che ci sembra più visibile perché di molto più sensibile. Prima dell’ingresso del Signore Gesù a Gerusalemme questo episodio, che avviene esattamente sulla strada che va da <Gerico> (Mc 10, 46) a Gerusalemme (11, 1), esige non solo una sosta, ma un momento di verifica del nostro cammino discepolare. Siamo chiamati a divenire come il Signore Gesù riconosciuto e adorato, ben prima della sua Pasqua (cfr Gv 20, 16), che questo cieco, che nell’intuizione della fede, lo proclama: <Rabbunì/maestro mio> (Mc 10, 51). Questo povero cieco che <sedeva lungo la strada a mendicare> (10, 46) conclude e, in certo modo risolve, i tanti problemi affrontati nel capitolo del Vangelo che ci ha accompagnato per qualche domenica. L’ultimo di questi episodi riletto domenica scorsa evocava la richiesta di Giacomo e Giovanni <di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nella tua gloria> (10, 37). Bartimeo, da parte sua, se ne sta, invece, in disparte e proprio dal terribile e temibile posto che la vita gli ha imposto riconosce con un grido – lui <cieco> – quel <figlio> (Eb 5, 6) che <chiamato da Dio come Aronne> (5, 4) <non si attribuì> ma ricevette <la gloria di sommo sacerdote> (5, 5). Proprio dal ciglio della <strada>, Bartimeo sarà visto e chiamato dal Signore Gesù. Si compie così il sogno e la profezia di Geremia: <Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele> (Ger 31, 7). Solo in condizioni disperate il Signore può chiedere: <Che vuoi che io faccia per te?> (Mc 10, 51) avendo una risposta adeguata, vera, pertinente: <Rabbunì, che io veda di nuovo> (10, 52) … “Rabbunì, che io riabbia la vita”. Speriamo anche noi di ricevere per noi la parola che segue: <Va’, la tua fede ti ha salvato>. Se ricominciamo a vedere non ci resta che vivere ormai <lungo la strada> che da Gerico sale… sale a Gerusalemme!

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