Carbone ardente

V Domenica T.O. 

La folla assedia il Signore Gesù ed è tutta intenta ad <ascoltare la Parola di Dio> (…), ma il Signore Gesù <vide> oltre, vede oltre. Accanto a questa folla c’è qualcuno che sembra non essere interessato, non avere voglia di ascoltare… troppo o giustamente preso da troppa fatica di vivere. Il Signore ha una parola che sembra non essere Parola di Dio, ma che è una parola tra uomini capace di intercettare il vissuto più vero e più doloroso… tutto può cominciare.

Lo sgomento di Simone è lo stesso sgomento di Isaia che, in realtà, è per Paolo una sorta di memoria incandescente che continuamente purifica e accende l’anima. L’apostolo parla di se stesso come del <più piccolo tra gli apostoli> (1Cor 15, 9) e, al contempo, è ben cosciente di avere il compito sublime di farsi annunciatore del <Vangelo> (15, 1) cercando in tutti i modi di preservarlo da ogni contaminazione e da ogni annacquamento che ne impoverisse la forza trasformatrice della storia e della vita di chiunque ne riceva il dono di luce. Il profeta Isaia si trova al centro di una teofania che gli fa percepire in modo forte la grandezza di Dio che mette a nudo la sua piccolezza tanto da sentirsi <perduto> (Is 6, 5). Simon Pietro vive un momento unico della sua vita a contatto con il Signore Gesù tanto da sentirsi così <peccatore> (Lc 5, 8) da poter dare alla sua vita un colpo d’ala e cominciare a sognare un cammino completamente diverso non solo per se stesso, ma anche per coloro che – da sempre – sono i suoi compagni di lavoro tanto che <lasciarono tutto e lo seguirono> (5, 11).

Al cuore della Liturgia della Parola di questa domenica vi è un simbolo tanto raro quanto eloquente: <Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare> (Is 6, 6). Proprio nel momento in cui il profeta si sente perduto e quasi annientato dalla santità dell’Altissimo qualcosa si muove tanto che la vita stessa di Dio, attraverso la mediazione di un serafino, si avvicina e, in certo modo, si consegna e si affida alla nostra umanità: <Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato> (Is 6, 7). Alle parole del serafino sembrano fare eco in modo ancora più radicale quelle che il Signore Gesù rivolge a Simon Pietro: <Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini> (Lc 5, 10).

Possiamo così ben dire che il Signore Gesù è quel <carbone ardente> che toccò le labbra del profeta e che riaprì alla speranza il cuore di Simone il pescatore. Oggi siamo noi ad avere bisogno di questo tocco infuocato che è capace di rimettere in mare la nostra vita e di permetterci così di riprendere il nostro cammino: <Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca> (5, 4). Prendere il largo ci è possibile solo nella misura in cui ci lasciamo toccare profondamente dal passaggio di Dio nella nostra vita che ci permette di ritrovare le vie del nostro cuore fino a darci la possibilità di ripetere le parole dell’altro apostolo: <Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana> (1Cor 15, 10).

Simon Pietro dice <sono un peccatore>, il Signore Gesù promette <sarai pescatore d’uomini>! Il Signore vede di noi ciò che noi non riusciamo a vedere e il suo sguardo è più <ardente> del carbone che purifica le labbra di Isaia.

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