Cadere

San Lorenzo

Troppo spesso pensiamo alla nostra vita e alla nostra vita cristiana come ad un’arrampicata. Troppo facilmente pensiamo ad imitare i santi lanciandoci con entusiasmo in una sorta di arrampicata, di gimcana o di maratona in cui lo sforzo dimostrerebbe la nostra decisione e la nostra risolutezza. La festa di san Lorenzo sembra invece riportarci ad un modo diverso persino di concepire l’estrema testimonianza del martirio cruento letto come un semplice modo di cadere: come un seme nella terra, come una stella sulla terra. Le parole del Signore Gesù non solo accompagnano questa festa, ma in certo modo, rettificano tutte le possibili derive persino del martirio: <se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto> (Gv 12, 24). Non è stato sempre facile nella storia e non è facile neppure oggi distinguere l’eroismo dal martirio! Eppure, la differenza c’è ed è fondamentale per non cadere in atteggiamenti che se sono assolutamente ammirabili quanto ad eroismo rischiano di essere poco evangelici.

La parola dell’apostolo Paolo ci riporta il criterio di discernimento irrinunciabile: <tenete sempre questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà> (2Cor 9, 6). Proprio mentre l’apostolo offre questo criterio di discernimento sente il bisogno di aggiungere: <Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia> (9, 7). La gioia è un criterio che rivela lo stato di libertà del proprio cuore senza la quale nessun dono, anche il più generoso e il più eroico rischia di non essere secondo il cuore di Cristo. Ancora oggi ci sono situazioni che richiedono una generosità estrema nella fedeltà al Vangelo e non è raro che alcuni debbano pagare questa fedeltà con la propria vita. Eppure, il Vangelo sembra tenerci in un atteggiamento non eroico, ma sereno ed umile che custodisce e mantiene la memoria delle ragioni altrui anche quando queste richiedono il sacrificio stesso della vita.

La testimonianza dei martiri di ieri e di oggi, sono per ciascuno di noi uno stimolo a rimanere fedeli <nell’amore di Cristo e dei fratelli> (Colletta) senza indulgere a forme di autoesaltazione o di autocelebrazione nella certezza che <Se uno serve me, il Padre lo onorerà> (Gv 12, 26). Lasciarsi ammaestrare e guidare dalla parabola del seme significa non solo acconsentire alle morti che la fedeltà al nostro cuore ci richiede, ma ritenere tutto ciò non solo come la cosa più naturale di questo mondo, ma anche come la cosa più desiderabile come per il seme è poter finalmente ritornare alla terra per produrre <molto frutto> (Gv 12, 24). 

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