Attendere… sicuri
IV Domenica T.A. –
La promessa del profeta Michea arriva direttamente al cuore: <Abiteranno sicuri> (Mi 5, 3). Sentirci al sicuro è uno dei bisogni fondamentali di ogni creatura sotto il cielo… chissà perfino le stelle e i pianeti avranno bisogno di sentirsi al sicuro nell’armonia degli universi. Il salmo trasforma questa necessità che ci portiamo nella profondità delle viscere in supplica: <Tu, pastore d’Israele, ascolta, seduto sui cherubini, risplendi> (Sal 79, 2). La sola evocazione del nome di <Betlemme> (Mi 5, 1) risveglia in noi l’odore dei pastori e il dolce belare delle pecore… da Abele, a Giacobbe, a Mosè, a Davide… a Gesù! I <cherubini> invocati ed evocati dal salmo i incarnano nelle ali che la gioia dell’evangelizzazione ricevuta da Gabriele sembra mettere ai piedi della giovane Maria la quale <andò in fretta verso la regione montuosa> (Lc 1, 39).
Nel momento in cui Maria si scopre madre non può che assumere tutto il carattere di quel figlio che porta in grembo non solo per la sua, ma per la gioia di tutti… e allora non ci si può che mettere in viaggio. La parola del Verbo eterno: <Ecco, io vengo…> (Eb 10, 9) diventa il dinamismo proprio della vita della madre la quale acconsente alla vita in lei tanto da lasciare che la vita di Dio non solo prenda forma ma informi il suo passo, il tono della sua voce, le emozioni più genuine e forti del suo cuore la cui qualità di bellezza e di verità sono inconfondibili e impossibili a nascondersi: <Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo> (Lc 1, 41). Ben diverso è il tono del saluto di Maria da quello dell’arcangelo, la <grazia> agitata come un vessillo da Gabriele si sta ormai facendo <un corpo> (Eb 10, 5) tanto da assumere il tono di una grazia più percepibile e per nulla temibile. Ad Elisabetta non è necessario dire ciò che fu detto a Zaccaria prima e a Maria dopo: <Non temere>! Non c’è ormai più nulla da temere, il modo in cui Dio visita la nostra vita non suscita più paura, ma solo l’esultanza dello stupore più puro e gioioso.
Il seno di Maria, come l’antica arca, contiene il Santo dei Santi ma nella forma della più assoluta umiltà. Tutto sta nell’accettare l’umiltà di Dio che si fa così vicino da essere portato in modo così discreto e ciò esige di acconsentire alle vie dell’umiltà. Le salite della carità e dell’evangelizzazione sono ormai alate e leggere. In realtà tutto è uguale a prima e nulla è più come prima. La presenza nascosta e infuocata del Verbo permette ed esige uno sguardo sulle cose di sempre, sulle persone di sempre, su noi stessi di sempre… assolutamente nuovi: <A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?> (Lc 1, 43). Il grido di Elisabetta fa il colore di questa domenica che si affaccia già sul Natale ormai imminente che trova nel mistero della visitazione una qualità che si rinnoverà con la visita dei pastori, dei magi. Come spiegava René Voillaume: <Maria a dato inizio a una serie innumerevole di “visitazioni” che non finirà fino a quando ci saranno uomini e donne sulla terra>1. Ciascuno di noi è chiamato a gestire e a partecipare le terre sconosciute della maternità del cuore le cui acque nutrici permettono le comunicazioni più segrete, le più belle, le più indimenticabili che permetteranno ai due bambini esultanti di riconoscersi con la discrezione propria di uomini adulti e di profeti abitati dal fuoco. Possiamo intuire perché si sentissero così <sicuri>!
1. R. VOILLAUME, Lettres aux fraternité, Cerf, Paris 1960, p. 253.
Grazie!
Entriamo anche noi in queste” visitazioni” attraverso le quali possiamo portare al mondo
il Bambino Gesù!