Attendere… la salvezza
24 Dicembre T.A. –
Ormai giunti alla vigilia di un nuovo Natale non possiamo fare altro che attendere e sperare di fare esperienza di <salvezza> di cui la storia di Israele è un’icona offerta a tutta l’umanità non per sentirsi esclusa da un’esperienza di grazie che riguarderebbe solo pochi eletti, bensì per sentirsene profondamente e realmente partecipi. Per tre volte il termine <salvezza> ritorna nel Cantico di Zaccaria che la Chiesa ci fa pregare tutte le mattine a conclusione delle Lodi e questo tema compare in una modalità di crescendo. Dapprima è un’esperienza interna <nella casa di Davide suo servo> (Lc 1, 69); poi diviene <salvezza dalle mani dei nemici> (1, 71) per raggiungere il livello di massima profondità quando diventa <remissione dei peccati> (1, 77). In questo modo la Liturgia prepara i nostri cuori a riconoscere e ad accogliere il <salvatore> (Lc 2, 11) la cui nascita, nella notte dei nostri dubbi e delle nostre stanchezze, gli angeli annunceranno ai pastori che siamo chiamati a vegliare sul gregge dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.
L’Avvento si conclude ed è il profeta e re Davide – pastore umile e forte – a intonare il salmo del compimento ormai imminente: <Egli mi invocherà: “Tu sei mio Padre”> (Sal 88, 27)) Le parole di Zaccaria confermano le promesse e riaccendono le speranze poiché <ha suscitato per noi un salvatore potente, nella casa di Davide suo servo> (Lc 1, 69). Il profeta Natan non cessa di richiamare la nostra attenzione: tutto quello che abbiamo preparato, tutto quello che possiamo pensare di mettere in atto perché il Regno venga in mezzo a noi impallidisce e fa un passo indietro davanti all’inenarrabile <amore edificato per sempre> che ci ricolma e, allo stesso tempo, ci supera. A Betlemme non ci sarà <posto> (Lc 2, 7) per il figlio di Davide, il quale non si presenta come re, ma come un “piccolo” che ha bisogno di essere accolto per accogliere ogni uomo e ogni donna, a cominciare dai più poveri.
Le parole che, per bocca del profeta Natan, vengono rivolte al re Davide sono in realtà indirizzate al cuore immemore di ciascuno di noi: <Sono stato con te dovunque sei andato…> (2Sam 7, 9). E mentre ci accingiamo a celebrare ancora una volta il mistero del Natale del Signore, siamo obbligati a prendere coscienza di quanto e di come il Dio dei padri cammina e continua a camminare con noi. Le parole di Zaccaria diventano un portale di ingresso nella contemplazione del dono incommensurabile del Dio fatto carne, fatto uomo, resosi uno di noi in Cristo Gesù: <egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza> (Lc 1, 72). Oggi – nell’oggi della salvezza quotidianamente sperimentata – l’attesa delle generazioni così numerose da essere come <la sabbia sulla spiaggia del mare> (Eb 11, 12) e il desiderio infinito dei cuori che è come le stelle del cielo, conosce la gioia di essere esaudito e può quindi trovare <riposo> (2Sam 7, 11): Dio visita il suo popolo, Dio abita il cuore di ogni creatura facendone la sua <casa> (7, 12) e donandoci così di sperimentare la salvezza come un senso ritrovato di pace, di risposo… finalmente a casa e finalmente salvi. Un dono per noi, ma un dono che siamo chiamati ad offrire anche a quanti, ancora oggi, non hanno un <posto> in cui sentirsi a casa, in cui sentirsi sani e salvi.
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