Attendere… la risposta

II settimana T.A.

La parola del Signore ci mette di fronte al grande paradosso della logica del Regno di Dio ove il più grande è il più piccolo. Il riferimento ammirato nei confronti del Battista non comporta un isolamento di questa figura nel senso di una eccezionalità che distingue e separa, al contrario quanto più si è prossimi al cuore di Dio tanto più si è solidali con tutti e specialmente con i più poveri e i più piccoli. Lo stesso nome del Precursore significa <Dio fa grazia> ed è proprio di questo che il Battista è testimone unico con la sua parola e la sua vita che è capace di perdere la testa nel duplice senso: morire ma, ben prima, di mettere tutte le proprie risorse a servizio dell’annuncio di una via nuova per incontrare il Signore. Giovanni prepara la strada a quella che, paradossalmente, possiamo definire la violenza della grazia. Del resto è esattamente quello che troviamo nella prima lettura di quest’oggi: il profeta Isaia ci parla di una tenerezza di Dio spinta fino alla capacità di trasformarsi e trasformare in <trebbia acuminata, nuova, munita di molte punte> (Is 41, 15).

Gregorio Magno si pone una serie di domande rileggendo questo testo evangelico: <Come può subire violenza il regno dei cieli? Chi può farla questa violenza? E se il regno dei cieli può essere esposto alla violenza, perché lo è solo dal tempo del Battista e non da prima?>. Ed è lo stesso papa che offre una possibile risposta: <Fratelli carissimi… riflettiamo anche noi su tutto il male che abbiamo fatto: impadroniamoci dell’eredità dei giusti attraverso la penitenza. Il Signore vuole accettare questa violenza da parte nostra. Egli vuole che ci impadroniamo in tal modo del Regno che non ci era dovuto in base ai nostri meriti>1. E per meriti sono da intendere proprio la nostra risoluzione ad entrare e rimanere nel numero di quei <piccoli> fuori dal quale non è possibile aprire realmente al dono della salvezza che ci viene gratuitamente donata.Il Regno subisce violenza ogni volta in cui il nostro desiderio di Dio è capace di forzare il suo cuore per sperimentare l’interezza infinita di quella misericordia e di quella tenerezza di cui Isaia ci parla con toni appassionati: <non temere vermiciattolo di Giacobbe… tuo redentore è il santo di Israele> (41, 14). Questo titolo divino fa parte del vocabolario della salvezza: indica Dio come colui che porta a compimento l’opera di riscatto pagando di tasca propria il prezzo della nostra liberazione. Se Dio paga per noi il prezzo del nostro riscatto per renderci liberi come ha fatto ai tempi del grande Esodo, è chiaro che non possiamo rimanere insensibili a questo gesto di compromissione di Dio con la nostra vita e ciò esige un personale appassionato coinvolgimento nel dramma della salvezza che ancora ha bisogno di essere realizzato per tanti uomini e donne e che, forse, non ha ancora portato il suo frutto pieno nel nostro cuore.


1. GREGORIO MAGNO, Omelia per l’Avvento, n° 20.

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