Attendere… incantevole
21 Dicembre T.A. –
L’incontro pre-natale tra il Signore Gesù e Giovanni il Precursore, scosso da un fremito di <gioia> (Lc 1, 44), è per noi una sorta di esempio per comprendere che cosa il Natale del Signore richieda a ciascuno di noi. Anche a noi è chiesto di precorrere come Giovanni e di correre sempre come Maria la quale <andò in fretta verso la regione montuosa> (1, 39). Le due letture possibili che la Liturgia ci offre, per preparare il cuore all’accoglienza del Vangelo della Visitazione, ci rimandano a due atteggiamenti irrinunciabili per poter accogliere il Verbo nella nostra vita, fino a fare della nostra intera vita un luogo attraverso cui il Cristo ancora oggi possa visitare, sponsalmente e gioiosamente, la nostra umanità. Nel Cantico viene messo in evidenza il desiderio di Dio verso di noi che diventa in noi desiderio di Lui che non ammette né attese, né ritardi: <vieni, presto!> (Ct 2, 10). È proprio dell’amore non sopportare dilazione. Dal profeta Sofonia ci viene ricordato, così magnificamente, quanto ogni nostra apertura all’accoglienza di Dio è remotamente preparata dal suo essere già in mezzo a noi con il suo amore e la sua dedizione: <Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia> (Sof 3, 17).
L’insieme di queste pennellate bibliche ci restituisce l’immagine di un Dio che ama e che attende di essere amato con quell’eros che sempre precorre e accompagna l’agape. L’abbraccio tra Maria ed Elisabetta è segno di un abbraccio più grande, più fontale che è quello della nostra umanità abbracciata e immensamente baciata dall’amore di Dio che trasforma ogni inverno in primavera precorritrice di fecondissima estate. Le parole del Cantico: <il tuo viso è incantevole> (Ct 2, 14) possono aiutarci a comprendere e ad amare il nostro attendere come qualcosa di veramente incantevole di cui si fa memoria evocatrice l’incantesimo con cui circondiamo i nostri incontri in questi giorni in cui l’abbraccio augurale può diventare un’epifania di speranza e di gioia in un mondo maggiormente segnato da un amore pieno di tenerezze e di passione.
L’incarnazione del Verbo, portato in grembo dalla sua giovane madre, non è che l’esaltazione di tutto ciò che di più umano c’è dentro di noi e ci può essere tra di noi. Nulla di più lontano dalla verità è l’immagine di Dio immobile e insensibile. Al contrario, Dio si rivela in Gesù Cristo sempre in cammino verso la nostra umanità, anche quando questo esige un viaggio in salita, che corrisponde alla sua discesa umile e mite verso la nostra realtà. Il profeta non esita a dire: <Ti rinnoverà con il suo amore> (Sof 3, 17)! È questo un modo per accogliere e donare il mistero dell’incarnazione come l’occasione di un rinnovamento dell’amore che si fa <voce> (Lc 1, 42), che si fa emozione. Preparare l’accoglienza del Verbo come nostro fratello, nostro amico, nostro sposo significa attivare la propria disponibilità spicciola e quotidiana a incontrare e a lasciarsi incontrare… perché la gioia possa esistere.
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