Attendere… guarire

I settimana T.A.

Questa prima settimana di Avvento si conclude con immagini molto consolanti e capaci di rinfrancare il cuore. Le parole del profeta Isaia risuonano come un grido di infinita consolazione: <tu non dovrai più piangere> (Is 30, 19), mentre l’evangelista Matteo ci fa cogliere un fremito di inenarrabile <compassione> (Mt 9, 36) che attraversa il cuore del Signore Gesù e si riversa, come un fiume di grazia e un uragano di tenerezza, su tutti. Ci sentiamo, così, posti sotto il suo tenerissimo sguardo che si dona, quasi a gocce, come una medicina capace di dare sollievo e di confortare lungo il cammino della vita normalmente segnato da rare gioie e ordinarie fatiche. Il tempo di Avvento, se ci aiuta a ricomprendere i tempi e i modi della nostra esistenza come la lunga attesa di un compimento, ci rivela pure che la nostra vita è una sorta di lungo processo di guarigione. Sembra proprio che il compimento del Regno di Dio atteso e desiderato non potrà che essere l’esperienza di sentirsi finalmente e profondamente bene: <quando il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse> (Is 30, 26).

Le <percosse> evocate dal profeta, potremmo interpretarle proprio in senso medico e curativo, intendendole come quegli interventi dolorosi che il chirurgo impone al paziente nella speranza che, non il dolore in sé, ma attraverso il dolore, possa permettergli una vera e duratura guarigione. La Parola di Dio non solo ci ricorda che siamo dei malati bisognosi di guarire, ma ci ricorda pure che la guarigione non dipende solo dal medico e non può essere delegata neppure alla misteriosa efficacia di una terapia, ma esige tutto il nostro coinvolgimento e la nostra serena e coraggiosa decisione di voler uscire da quelle malattie che imprigionano la nostra anima: <i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: “Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o a sinistra> (30, 21).

La parola del Signore ci rimette così nella direzione giusta e nella più giusta prospettiva attraverso quell’avverbio che sembra essere stato posto dal Signore stesso a fondamento della sua Chiesa: <Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date> (Mt 10, 8). In realtà ciò che abbiamo gratuitamente ricevuto per ridonarlo con altrettanta generosità e liberalità, non è un concetto – fosse pure dogmatico – ma un’esperienza assolutamente esistenziale che è quella di essere stati guariti e di poter comprendere così profondamente ogni umana sofferenza da non poter in nessun modo rimanere indifferenti. L’invito del Signore a pregare <il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!> (9, 38) va inteso meno nel senso di dottori accademici e più nel segno di compassionevoli medici. Se è vero che il Signore Gesù <percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando… annunciando> rimane pur vero che lo fa sempre <guarendo ogni malattia e infermità> (9, 35). Mentre il cammino verso la rinnovata e non ripetitiva celebrazione del mistero del Natale si fa più spedito, siamo chiamati a riconoscere di avere bisogno di guarigione e quindi ad accettare che siamo malati. Nello stesso tempo l’incarnazione del Verbo ci ricorda che se Dio ha preso su di sé le nostre malattie, noi pure possiamo portare il peso gli uni degli altri <gratuitamente> o, almeno, senza troppo lamentarci.

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