Attendere… fare

III Domenica T.A.

La domanda posta a Giovanni Battista da parte di quanti si fanno veramente interpellare dalla sua predicazione è quella che la Liturgia di quest’oggi ci chiede di fare nostra: <Che cosa dobbiamo fare?> (Lc 3, 10). Con questa domanda così concreta il nostro cammino di Avvento fa un passo non solo necessario ma anche essenziale per far sì che l’attesa del Signore coincida con il concreto fargli posto nella nostra esistenza quotidiana e nelle nostre ordinarie relazioni. Nel testo di Luca la domanda ritorna per ben tre volte: viene posta dal <folle>; viene ripetuta da un gruppo di <pubblicani> (3, 12) e persino da alcuni <soldati> (3, 14). Mentre queste categorie prendono forma sotto i nostri occhi di lettori o di ascoltatori, si fa spazio uno scenario così ampio e così inclusivo da creare un posto anche per noi, da fare spazio anche alla domanda che sorge dal nostro cuore: <Cosa dobbiamo fare?>. E’ questo il primo passo per chiedere a se stessi contando sull’aiuto degli altri chi vogliamo essere cercando di dare un orientamento sempre più chiaro al nostro modo di agire.

L’unico modo per attendere il Signore e preparare fattivamente e realisticamente la sua strada è quello di condividere la propria vita – a partire dai suoi aspetti più pratici e materiali – per giungere ad una comunione di cammino, di desideri, di aneliti. Credere è agire e l’agire caratterizza la fede nel senso che la fa crescere e le dà il suo volto più autentico. Le risposte di Giovanni sono semplici e hanno tutta l’aria di essere un semplice rimando a ciò che non fa rumore e che si confonde in modo del tutto naturale e silenzioso con le pieghe della storia di tutti e di sempre: <Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto> (3, 11). Oppure: <Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato> (3, 13). E ancora <Non maltrattate… accontentatevi> (3, 14). Sembra di essere nella stessa situazione del giovane ricco a cui il Signore Gesù risponde con lo stesso tono fino a metterlo in difficoltà. Eppure, nessuna strada si potrà aprire per l’avvento del Regno di Dio nella storia, se non cominciamo ad appianare la soglia della nostra casa perché sia dolce e invitate, aperta e semplice.

L’apostolo Paolo riprende l’atteggiamento di Giovanni con una parola che dà il sapore proprio a questa domenica: <siate sempre lieti nel Signore… la vostra amabilità sia nota a tutti> (Fil 4, 4-5). La serenità raccomandata dall’apostolo Paolo non è l’indifferenza superficiale degli ingenui o dei furbi, è un atto di fede. Se viviamo nella fiducia in Dio, le nostre preoccupazioni, le nostre prove non si cancelleranno magicamente, ma potremo attingere nella nostra comunione con Dio la forza necessario per fare ciò che è buono e per vivere ciò che è giusto. La domanda con cui san Bernardo scuoteva i suoi monaci nei freddi mattini di Clervaux tocca anche noi: <Come pensi di dare un posto in te al Signore che viene?>. E la risposta ci riguarda: <La larghezza d’animo, è l’amore a fare posto al Signore>. Il Signore che viene ricrea il mondo riprendendo e radicalizzando i gesti della creazione che sono un atto continuo di separazione che permette, così, di dare identità e creare relazione rinnovando ogni cosa <con il suo amore> (Sof 3, 17). Per ognuno di noi si rinnova la sfida di passare dalla questione di <chi sono> a quella <cosa posso fare> per imparare ad essere. Il Signore è vicino con le sue promesse sapremo noi avvicinarci a Lui con le nostre scelte?!

1 commento
  1. maria cristina fregni
    maria cristina fregni dice:

    Passare dalla domanda su “chi sono” a quella del “cosa posso fare” è quello che davvero ci avvicina al Signore
    perchè attraverso le nostre scelte concrete possiamo imparare ad essere e a “dare un posto in noi al Signore che viene”.
    Grazie ,fratel Michael!

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