Attendere… è valutare
I settimana T.A. –
Dopo esserci nutriti della Parola e del Corpo e Sangue di Cristo così preghiamo nell’Eucaristia di quest’oggi: <insegnaci a valutare con sapienza i beni della terra, nella continua ricerca dei beni del cielo> (Orazione dopo la Comunione). Mentre cominciamo a vivere questo nuovo Avvento, è come se fossimo sensibilizzati al dovere di <valutare> il modo con cui ci apriamo alla presenza di Dio nella nostra vita e siamo capaci di discernerne i segni nella storia dell’umanità. Come dice un giornalista contemporaneo: <Il tempo dell’Avvento ci è dato anche per imparare a lasciarci mettere in causa proprio dalla contraddizione evangelica che ci mette alla scuola dell’Infinitamente Piccolo che a quella dei sapienti di questo mondo>1.
La gioia di cui è ricolmo il Signore Gesù viene dallo <Spirito Santo> (Lc 10, 21) e proprio per questo si differenzia da altre gioie perché non è concentrata su se stessa, ma aperta a qualcosa di più grande e di più ampio capace di inglobare – persino di preferire –i più <piccoli>. Nel mistero del Natale, alla cui rinnovata celebrazione liturgica ci prepariamo, il Figlio di Dio si rivelerà al mondo proprio come il “piccolo” del Padre che attraverso la sua vulnerabilità e la sua umiltà è capace di ristabilire i legami della famiglia di Dio interrotti dalle ferite di quel bisogno di grandezza e di irresponsabile autonomia da cui, così sovente, siamo tentati per gestire le nostre piccolezze inaccolte. Nella stessa linea il profeta Isaia offre al popolo imbarazzato dal suo sentimento di diminuzione, a motivo del giogo Assiro così opprimente e così potente da mettere in crisi la stessa identità del popolo, una speranza per sormontare il dubbio su quanto sia vero che Dio lo ami e lo custodisca.
Alle soluzioni di contrapposizione e di rivincita il profeta oppone quella di un semplice <germoglio> che <spunterà dal tronco di Iesse> (Is 11, 1). Isaia non solo rettifica e rianima la speranza del popolo e la nostra, ma pure ci mette tra le mani un criterio per <valutare> la speranza di cui siamo ricolmi. Il germoglio di cui parla il profeta, se si radica nel tronco della dinastia davidica, nondimeno porta il sigillo del modello davidico che è la coscienza consapevole della propria piccolezza che fu criterio di scelta per Samuele per riconoscere colui che, tra tutti i figli di Iesse, era stato scelto da Dio per guidare il suo popolo. Nella prima lettura troviamo come l’esplicitazione di ciò che lo <Spirito Santo> (Lc 10, 21) opera nel cuore del Signore Gesù perché ci riveli il volto del Padre suo: <ma giudicherà con giustizia i miseri prenderà decisioni eque per gli umili della terra> (Is 11, 4). Proprio in questo spirito davidico, di cui ci testimonia il salterio tradizionalmente attribuito al re-piccolo, possiamo valutare e verificare se e quanto la nostra attesa è autentica: <Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri> (Sal 71, 12-13).
1. J. HAGGERTY, Quitter Dieu pour Dieu, Mame, Paris 2009, (M 205/28)
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