Arpa
XXXIV settimana T.O. –
L’Apocalisse ci porta sempre più in profondità e ci aiuta ad intravedere non tanto la fine ma il fine della storia. La storia si compie attraverso le piccolissime storie che sono la vita di ogni creatura visibile ed invisibile, animale, vegetale e minerale di cui l’uomo – ciascuno di noi – rappresenta il simbolo più eloquente e comprensivo anche se non unico. Così nel cielo si vede un altro <segno grande e meraviglioso> (Ap 15, 1), ma il Veggente, dopo aver parlato di <sette angeli>, subito aggiunge: <Vidi pure un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo> (15, 2). Agli angeli che popolano il cielo corrispondono sulla terra gli uomini che vincono le suggestioni del male poiché non accettano di piegarsi, ma continuamente e sempre stanno <ritti> per imitare l’Agnello-Pastore che sta <ritto> (14, 1) davanti al Padre e al cospetto della storia che da Lui – nella sua oblazione pasquale – riceve il senso che altrimenti rischierebbe di non avere o almeno di non trovare.
Si potrebbe dire che la sfida principale, che attraversa pure la vita di ciascuno di noi, è quella, appunto, di rimanere ritti, retti, eretti senza mai cedere alla facilità di acconsentire alla tendenza di piegarci come bestie verso la terra. Siamo chiamati a vivere e – in caso ci fosse richiesto – a morire andando a testa alta non perché ci si creda alcunché, ma perché consci di come in verità la nostra <patria è nei cieli> (Fil 3, 20). Anche per noi vale il discernimento a cui furono assoggettati i soldati di Gedeone: <quanti lambiranno l’acqua con la lingua come lambisce il cane li porrai da una parte> (Gdc 7, 5), per essere chiaramente e senza scrupolo esclusi dalle battaglie del Signore. Anche per noi vale la duplice parola del Signore Gesù: <sarete odiati da tutti> (Lc 21, 17), ma <con la vostra perseveranza salverete le vostre anime> (21, 19).
Perseverare significa tenere teso l’arco dell’amore anche quando l’odio diventa palpabile e asfissiante. Perseverare significa respirare sempre dal più profondo della nostra più remota interiorità senza lasciarci – in nessun modo – contaminare dalla paura, cosicché la persecuzione diventerà – suo malgrado – <occasione di rendere testimonianza> (21, 13). Quella che il Signore ci richiede è una testimonianza piena, senza tentennamenti e senza cedimenti. Non basta rimanere <ritti> (Ap 15, 2), bisogna pure cantare <accompagnando il canto con le arpe divine>. Forse – soprattutto nel nostro tempo così bisognoso di speranza – ciò che rischia di mancare più d’ogni altra cosa a noi che ci diciamo “cristiani” è proprio un’arpa… qualcosa che stemperi le paure e accompagni la marcia dell’umanità tutta verso la gioia. Per tutto ciò bisogna avere cuore! Lasciamoci toccare da questa parola di Agostino: <Ciascuno consideri se il suo cuore non sia troppo stretto>. E qualora fosse così non ci resta che dilatarlo attraverso la musica dell’amore che sa pizzicare tutte le corde di ogni cuore e che sa portare a compimento ogni desiderio di bene.
Considerare se il proprio cuore non sia troppo stretto mi fa pensare se io, ognuno di noi ci accorgiamo che accanto a noi cittadini sono persone bisognose e ci sono gli scarti della società soprattutto gli anziani e i più fragili fisicamente economicamente epsicoloy