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II Domenica T.O. –
Riprendiamo il cammino del Tempo Ordinario e la Liturgia sembra chiederci di sostare ancora un poco sul mistero del presentarsi a noi del Signore Gesù. Dopo averlo accolto sulle rive del Giordano come il Figlio amato del Padre che si compiace del suo modo di fare il suo ingresso nella storia mettendosi nella fila dei peccatori, oggi siamo invitati ad accoglierlo come commensale delle nostre gioie. Il Vangelo secondo Giovanni che non si sofferma affatto sugli inizi storici di Gesù, ce lo presenta nel contesto di una festa di nozze e non certo al centro bensì come semplice partecipante. Con una magistrale nota siamo messi di fronte al mistero della rivelazione al mondo del Verbo fatto carne in modo diverso da come fanno i sinottici i quali danno ampio spazio al Battesimo: <Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli> (Gv 2, 2). Come al Giordano il Signore si confonde con i molti che si accostano al battesimo di Giovanni, così a Cana di Galilea è uno dei tanti convitati e non fa nulla per attirare l’attenzione su se stesso.
Se nel Battesimo è il Padre a svelare il mistero di Gesù come Figlio, alle nozze di Cana è la madre a sensibilizzare il figlio verso il bisogno di questi due sposi che rischiano di vedere rovinata la loro festa. Gli sposi hanno sbagliato a calcolare il vino cedendo alla parsimonia oppure i convitati si sono lasciati andare troppo alla gioia? Non sappiamo! Fatto sta che la situazione si fa delicata e la madre di Gesù se ne accorge prima di tutti gli altri: <Non hanno vino> (2, 3). In compenso se il vino scarseggia, di acqua ce n’è invece in abbondanza: <sei anfore di pietra… contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri> (2, 6). Il Signore Gesù non crea il vino da nulla, ma trasforma l’acqua in vino e in questo modo fa’ sì che la festa continui imperturbata e sempre più gioiosa, ma dà un segnale ai suoi discepoli per intuire quale cammino li aspetta alla sua sequela.
Massimo il Confessore scrive: <Prima del battesimo, il catecumeno assomiglia all’acqua stagnante, fredda e senza colore, inutile, incapace di ridare forza. Conservata troppo a lungo, l’acqua si altera, imputridisce, diventa fetida. Il fedele battezzato è simile al vino rosso e vigoroso. Tutte le cose della creazione si rovinano con il tempo. Solo il vino migliora invecchiando. Ogni giorno perde parte della sua asprezza, e acquista un aroma pastoso, un sapore ricco. Anche il cristiano, pian piano, perde l’asprezza della sua vita peccatrice, acquista la sapienza e la benevolenza della Trinità divina>1. Se all’inizio del testo si parla della madre di Gesù, alla fine persino gli sposi sembrano passare in secondo piano e tutta l’attenzione è concentrata sui suoi discepoli i quali <credettero in lui> (2, 11). Possiamo chiederci se crediamo veramente che il Signore possa mutare l’acqua che siamo, in un vino che migliora invecchiando. L’apostolo Paolo ci ricorda che ciò riguarda anche noi ed è <Dio che opera tutto in tutti> (1Cor 12, 6). Il profeta Isaia ci fa sperare il massimo: <sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata> (Is 62, 4).
1. MASSIMO IL CONFESSORE, Discorsi, 65.
Rinnova in noi ,Signore, questa consapevolezza che dal giorno del nostro battesimo anche noi siamo stati trasformati in vino e che questo vino invecchiando migliora, perchè è il tuo Spirito che opera in noi dalla nostra debolezza e fragilità questa trasformazione!