An-nullare
V settimana T.O. –
La continuazione della lettura di come il Signore Dio abbia creato il mondo, riempie il cuore di stupore, di meraviglia e di canto: <O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra> (Salmo responsoriale). L’atto di creazione si pone in una gratuità immensa che non può assolutamente sopportare l’idea di una sorta di ricambio se non quello che nasce da un amore, così meravigliato, da farsi sempre più capace di attenzione e di cura. La parola che il Signore Gesù rivolge ai farisei tocca il cuore del mistero della creazione: <Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi> e aggiunge, quasi per evitare di non essere preso sufficientemente sul serio, <E di cose simili ne fate molte> (Mc 7, 12-13). Ciò che guasta il lodevole atteggiamento dei farisei non è la loro scrupolosa osservanza, ma il fatto che essa divenga la misura assoluta per misurare il mondo e per giudicare i propri simili sempre e solo a partire da se stessi, senza mai avere il coraggio e la semplicità di lasciarsi interrogare dal mistero di una vita che non può che essere ben più grande della nostra personale esperienza di vita.
Con questo atteggiamento tipicamente farisaico, da cui non siamo mai abbastanza al sicuro, è come se venisse ferito quel progetto di Dio di cui la creazione è effluvio. Come spiega magnificamente Simone Weil: <La creazione non è un atto di espansione, ma di rinuncia>1. La creazione è, non solo un infinito atto d’amore, ma è un’esperienza d’amore che per sua natura limita se stesso per permettere ad altro di svilupparsi e di crescere fino alla sua propria pienezza. Ce lo attesta e ce lo ricorda il libro delle Genesi quando non si accontenta di ritrarre Dio come potente creatore, ma quando fa sorgere sulla sua bocca la benedizione attraverso cui subito si ritrae, per permettere alle creature di essere se stesse e di essere profondamente libere: <Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che strisci sulla terra> (Gn 1, 28).
Per questo che Simone Weil può affermare con la sicurezza che ne caratterizza non solo il pensiero, ma soprattutto la sua vita che ogni forma o interpretazione religiosa, in cui si esalti unilateralmente il dominio. non può che essere falsa, in quanto non conforme all’attitudine che sta all’origine dell’atto di creazione. La generosità divina che contempliamo nell’opera della creazione è la stessa compassione che si rivelerà nella passione e nella croce. Per questo ogni <tradizione> (Mc 7, 5) va riletta e purificata nella duplice aspersione – non certo rituale, ma profondamente esistenziale – della generosità e della compassione. In quest’orizzonte, se si può sopportare qualche “risciacquo” in meno, non è assolutamente accettabile che qualcuno riduca a nulla la parola di Dio per cui <Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio…> (7, 11) lo mettete contro Dio perché, in realtà, ne annulla l’opera impoverendo l’amore.
1. S. WEIL, Forme dell’amore implicito di Dio, p. 5.
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