All’alba!

XX settimana T.O.

Normalmente sono i servi di ieri e gli operai di oggi ad alzarsi ed uscire <all’alba> (Mt 20, 1) per recarsi al lavoro e dedicarsi, di buon’ora, alle loro incombenze. Non così il <padrone> della vigna che se affida al <fattore> (20, 8) il compito di dare il salario a ciascuno, invece – sin dalle prime ore – va a cercare i lavoratori per la sua vigna personalmente: <Uscito ancora verso le cinque> (20, 6). A questo <padrone di casa> non si possono rivolgere le parole infuocate del profeta Ezechiele: <Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?> (Ez 34, 2). Questo padrone di casa, invece, incarna la divina risoluzione con cui si chiude la prima lettura di quest’oggi: <Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna> (34, 11).

Per questo il padrone non può sopportare la critica dei lavoratori della prima ora che si lamentano e mormorano dicendo: <Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo> (Mt 20, 12). Il torto di questi tali è di essere così totalmente concentrati sulla loro fatica, da non accorgersi che c’è qualcuno –il padrone appunto – che si è alzato prima di loro! Non solo la carità supera la giustizia, ma, ancor più radicalmente, vi è un modo di concepire la giustizia che non corrisponde semplicemente al criterio dell’equità, ma a quello, ben più complesso, dell’adeguatezza tanto da far dire a questo padrone alquanto silenzioso, discreto e un po’ schivo: <io sono buono> (20, 15).

Vi è una dose di tristezza nella recriminazione degli operai della prima ora che rischia di avvelenare l’aria… ma non il cuore del padrone che sa molto bene cosa vuole e chi vuole essere. Gregorio Magno interpreta le ore come le età della vita e in questo modo ci fa intuire che essere al lavoro fina dalla prima ora ci fa sperimentare il privilegio di vivere in modo più pieno e consapevole il dono dell’esistenza e quasi di assomigliare un poco di più al Signore stesso1. Ancora una volta – se non ci fosse ancora chiaro – il Signore ci ricorda: <Così gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi> (Mt 20, 16) e questo perché è Dio ad essersi fatto ultimo fino ad alzarsi per primo. La parabola di quest’oggi ci ricorda che il metro di misura e meno ancora quello della mormorazione non deve essere il confronto con i nostri simili, bensì lo sguardo posto sullo stile del Signore della nostra vita, che è <buono> proprio perché riparte ogni mattina dalle esigenze del suo cuore. Il nostro cuore rischia di essere invece <invidioso> perché incapace di sostenere lo sguardo di un Dio che si abbassa fino a noi per non farci mai sentire a disagio, fino a rischiare di sprecare la vita bighellonando dietro a noi stessi.


1. GREGORIO MAGNO, Omelie sui Vangeli, XIX.

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