Accogliere… da poveri
Ottava di Natale –
Anna è icona di tutti quei poveri che hanno non solo saputo attendere, ma che sono anche capaci di riconoscere e accogliere la realizzazione della loro attesa nei segni poveri e reali delle concrete visite del Signore. Nel Tempio dove accanto alla normalissima e umilissima famiglia di Nazaret forse alucni invocavano la venuta del Messia e fantasticavano sui modi e sui tempi della sua rivelazione ad Israele, Anna, invece, sa riconoscerlo fino ad accoglierlo tra le sue braccia e indicarlo ai vicini… chissà in quanti avranno ritenuto Anna non certo una <profetessa> (…), ma una vecchia visionaria e un po’ fuori di sé. Tutto il cammino del Signore Gesù nel Vangelo secondo Luca che va da Gerusalemme a Gerusalemme è incastonato da due figure di donne vedove capaci di indicare tutta la portata della novità del Vangelo.
Il digiuno e la preghiera sono stati capaci di scavare nel cuore della vedova Anna un posto comodo e spazioso per accogliere il Verbo fatto carne e non uno sguardo sospettoso su tutto ciò che non viene da se stessi e non corrisponde ai propri criteri e alla propria sensibilità.
Anna i cui sensi si sono affinati attraverso una lunga attesa fatta di digiuno e preghiera a sostegno di una continua attenzione e una profonda vigilanza, sa cogliere in questo bambino la parola più autorevole e più possente di Dio: una parola-evento che diventa lo spartiacque imprescindibile della storia e il riferimento irrinunciabile di ogni storia. Cosa cambia nella nostra vita la presenza di Cristo Signore venuto nella carne per poterci incontrare e per poterci amare? È questa una domanda che può e forse deve lavorare il nostro cuore in questo tempo natalizio in cui siamo chiamati a misurarci con l’essenziale della nostra vita poiché <il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno> (1Gv 2, 17). Tutto sembra quasi contraddittorio: l’apostolo denuncia l’amore per il mondo come in contrasto con la volontà di Dio, mentre l’evangelista Luca ci mostra il Verbo che non solo si fa carne, ma pure accetta di nascondersi nella terra della storia come un seme che si lascia cadere con infinita fiducia e si lascia abbracciare con sorridente abbandono.
Proprio la figura di Anna è scelta da Luca per chiudere i racconti dell’accoglienza del Verbo fatto bambino nell’abbraccio di un’umanità ritornata alla propria innocenza <con digiuni e preghiere> (Lc 2, 37) che sono il segno di una crescita interiore nella consapevolezza che apre alla relazione con Dio. Ed è l’umile uscire di scena di questa donna che sembra venire dal nulla e nel nulla scomparire che apre il lettore alla contemplazione di quel lungo tempo che sarà necessario anche a Gesù per divenire se stesso ed essere piena rivelazione dell’amore e del disegno del Padre: <fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui> (2, 39-40).
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