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XXIX settimana T.O. –
L’apostolo Paolo continua ad insistere con la sua parola appassionata per aprire un varco nel cuore dei fedeli cui scrive per invitarlo a ricevere il dono della fede. Ieri l’apostolo evocava e offriva come un dono di condivisione la sua personale <comprensione> del mistero di Cristo sottolineando come esso sia l’esplicitazione della volontà salvifica del Padre che è donata veramente a tutti. Oggi si fa viva esortazione a <comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità> così da <conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio> (Ef 3, 18-19). Il Signore Gesù con una parola che rischia di destare una certa apprensione e preoccupazione per la sua forza, in realtà, ci ricorda come la <pienezza> evocata da Paolo sia necessariamente legata alla nostra capacità di fare vuoto nella nostra vita. Solo la rinuncia a tutto ciò che ci conferma nelle nostre strutture abituali può aprire un varco alla relazione con il Signore che è capace di dare alla nostra vita una pienezza di tutt’altro segno e di tutt’altro sapore.
La parola del Signore Gesù esprime con immagini forti il desiderio del suo cuore e l’ardente anelito di comunicare a ciascuno di noi il fuoco che brucia la sua vita nell’anelito di permettere a tutti di partecipare al progetto e al disegno del Padre che è stato evocato ieri nella prima lettura: <Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quando vorrei che fosse già acceso!> (Lc 12, 49). Se questo è il desiderio del Signore, possiamo chiederci in che misura siamo disponibili a lasciarci inondare da questo fuoco e in che misura invece lo spegniamo con le secchiate dell’autoconservazione di quelle che sono le nostre abitudini e dei nostri comodi. L’immagine affettiva usata dal Signore Gesù non tende a demonizzare i rapporti più cari che fanno il tessuto necessario della nostra vita in relazione, ma è il modo più efficace per mettere in evidenza quanto sia necessario aprirsi ad una novità che non può che essere anche destabilizzante e richiede non la conservazione, bensì la rifondazione radicale degli affetti di sempre, delle prospettive di sempre, delle attese di sempre.
La domanda è percuotente: <Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?> e la risposta è ancora più inquietante: <No, io vi dico, ma divisione> (12, 51). Sembra che questa parola del Signore Gesù contraddica radicalmente quella dell’apostolo Paolo che insiste in modo appassionato sul mistero di ricapitolazione e di comunione assoluta cui tutti sono chiamati. In realtà, il Signore Gesù ci ricorda come nessuna comunione autentica sia possibile e duratura senza una chiarificazione limpida della gerarchia interiore di ciò che sta al centro della nostra vita a motivo e come conseguenza delle nostre scelte più intime e decisive. La comunione non ci esime dal compito di essere fino in fondo persone, anzi ci obbliga a questo passaggio interiore che ha tutto il sapore di un vero e proprio <battesimo> (12, 50) non tanto di acqua, ma propriamente di <fuoco> (12, 49). Non bisogna mai dimenticare come la pienezza sia direttamente proporzionale al vuoto che facciamo dentro di noi di noi stessi.
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